Caro papa Francesco,
Sono un prete sposato e vivo nella diocesi di Sessa Aurunca nella provincia di Caserta. Ti scrivo questa lettera con la stessa semplicità con la quale, negli anni della fanciullezza, i nostri bravi e indimenticabili maestri ci invitavano, in particolari ricorrenze a scrivere messaggi augurali a papà e mamma.
Anche io, con tanti anni sul groppone vissuti con slancio apostolico al servizio della Chiesa che amo, voglio esprimerti la mia gioia e dire un “grazie” allo Spirito Santo che ti ha scelto per guidare la chiesa e ti ha convinto a farti chiamare “Francesco”: nome ideale ed appropriato per una rinnovata rotta della “barca di Pietro”.
Grazie, perché la tua elezione ha acceso nei credenti di tutte le religioni (ed anche in alcuni “non credenti”) la speranza di una nuova primavera ecclesiale, presupposto indispensabile per un rinnovato slancio ecumenico e per un’era nuova di pace e di rispetto verso ogni essere umano.
Grazie anche da parte di “Vocatio” (Associazione Nazionale dei Preti Sposati di cui sono presidente), perché con la tua elezione abbiamo ritrovato l’entusiasmo che ci fece dire qualche anno fa: “Eccomi, manda me!”.
Per tutti noi sarebbe un gran regalo se potessimo confermare tutto ciò di persona in un incontro fraterno e filiale.
Di fatto molti fra noi (anche se qualcuno ci ha accusato di rottura o di tradimento) insieme con la propria famiglia continuano, come nelle prime comunità cristiane, ad essere testimoni della Parola. Cerchiamo di “sentire l’odore delle pecore” nel servizio di ogni uomo bisognoso di amore e di condivisione.
È quanto ti abbiamo già espresso nella lettera inviata dal nostro convegno di Sorrivoli (Cesena) nel settembre 2014, dove ci eravamo riuniti per conoscere altri confratelli, per pregare con loro e per verificare la possibilità di un dialogo con i nostri vescovi e con tutto il popolo di Dio, convinti di poter essere per la comunità ecclesiale una ulteriore risorsa.
Ci è giunta notizia, caro Francesco, che tra i tuoi innumerevoli impegni e problemi, la “questione dei preti sposati” è da tempo inserita nella tua agenda. Per questo ti diciamo ancora grazie e ti assicuriamo la preghiera che chiedi sempre.
Lo Spirito Santo, tuo principale elettore, ti sosterrà con amore per guidare la barca di Pietro accogliendo tutti dalle estreme periferie geografiche e sociali.
La tua carica profetica ci dà certezza che la Chiesa con le sue immense potenzialità saprà continuare a promuovere, in questo terzo millennio, l’avventura del sospirato ecumenismo.
Anche l’intuizione profetica di proclamare un anno di misericordia [“Il Signore è buono ed eterna è la sua misericordia” (Salmo 117)] viene da lontano, perché dalla estremità della terra hai portato l’eredità di tutte le periferie del mondo con quel capitale umano non sempre valorizzato dalla Chiesa.
Hai fatto capire in varie occasioni, con paterna fermezza, che l’anno della misericordia deve esser praticato e testimoniato “in primis” all’interno della Chiesa gerarchica con la confessione delle proprie colpe davanti alle comunità cristiane per le tante sofferenze provocate (volontariamente o involontariamente) con condanne e tanti anatemi a figli che, attraverso la Parola del vangelo, hanno scoperto il primato della coscienza.
Caro papa Francesco, il Giubileo della misericordia interpella anche noi, fratelli nella fede e confratelli nel ministero apostolico.
Siamo anche noi peccatori, come tutti. Abbiamo sempre creduto nell’abbraccio misericordioso del Padre.
Per te, come per noi, il “perdonatevi a vicenda” e “amatevi come io ho amato voi”, non sono semplici slogans, ma l’essenza stessa della nostra fede in Gesù, nostro Signore.
Ritornando al fanciullino (quello che scrive messaggi per papà e mamma) che da sempre mi è stato compagno fedele anche nel ministero presbiterale, caro Francesco, vorrei renderti partecipe di un sogno, condiviso con tanti amici, quello di un segno profetico:
In una liturgia pubblica o nell’intimità di santa Marta, ai presenti sbigottiti e increduli potresti esordire dicendo: “Qui in mezzo a noi c’è un amico e fratello che vi benedirà al posto mio. Quest’uomo con la fede al dito è un ministro dell’Eucarestia. Le sue mani sono callose ma colme di benedizioni accumulate nell’arco di decenni. Ora è qui a rappresentare tutti coloro che a causa della scelta matrimoniale, abbiamo dimenticato. Chiniamo la testa, io per primo, e lodiamo il Signore per questo momento di grazia destinato a purificare la Chiesa e a renderla libera di credere solamente in Lui”.
Se questo momento di grazia sognato potesse diventare realtà, basterà un tuo cenno e saremo da te. Ci saranno anche le nostre mogli che ci hanno aiutato a scoprire la fecondità del confronto tra la Parola ed i segni dei tempi ed hanno condiviso con noi l’avventura di vivere nell’incertezza della tenda di Abramo anziché sicuri nel tempio di Salomone.
Ci saranno, se lo vorranno, anche i nostri figli (cui molti di noi hanno dato il nome di Maria, Francesco, Chiara, Miriam, Emanuele) che abbiamo educato ad impostare la vita con coerenza evangelica ed a leggere la presenza di Dio nelle vicende di ogni giorno prima che nelle elucubrazioni mentali, troppo spesso astratte e presuntuose.
Pensiamo di aver risposto ad una duplice vocazione: quella del presbiterato e quella del matrimonio, convinti che il celibato è un carisma particolare che il Signore non ha voluto legare al ministero ma al riconoscimento di un suo dono particolare.
Chi potrà accusare quelli che Dio ha scelto? Nessuno, perché Dio li ha perdonati.
Chi potrà condannarli? Nessuno, perché Gesù è morto, anzi è risuscitato e ora si trova accanto a Dio dove sostiene la loro causa.
Chi sono io per giudicare?
Siamo convinti della tua comprensione, della tua lungimiranza e di poter realizzare con te l’utopia del domani.
Ci basta! Con tutti gli amici e confratelli di “Vocatio”, in un abbraccio filiale, ti diciamo ancora una volta: Grazie!