Alla fine, erano tutti ad applaudirle: Flavia Pennetta e Roberta Vinci, autrici di un’impresa storica, mai annoverata, prima di sabato, tra le pagine del tennis italiano. Le due tenniste pugliesi, infatti, erano le uniche stelle a brillare sul campo centrale della finale del torneo del Grande Slam degli US Open, solitamente casa delle sorelle Williams.
Ad avere la meglio, è stata la brindisina 32enne, Flavia Pennetta al termine di una partita non spettacolare ma ricca di emotività ed emozioni chiare e leggibili sui volti delle due ragazze italiane che, con la loro umiltà, la propria simpatia e l’evidente dedizione al lavoro, hanno conquistato i cuori del pubblico newyorkese.
Il tutto, mentre dall’altra parte dell’oceano, nella calda terra di Spagna, il ciclista sardo, Fabio Aru, indossava la maglia rossa della Vuelta da assoluto dominatore. Un’impresa, quella di Aru, passata in sordina proprio a causa del sorprendente risultato delle tenniste.
Non va peggio all’Italia del basket. La nazionale allenata da Pianigiani, ex tecnico pluri-campione con la Montepaschi di Siena, e spinta dai campioni NBA, Danilo Gallinari, Marco Belinelli, Luigi Datome e Andrea Bargnani, ha conquistato un insperato ottavo di finale nella competizione continentale avendo la meglio sulla favoritissima Spagna dei fratelli Gasol e la Germania del MVP delle Finals 2011 Dirk Nowitzki, attraverso partite che hanno incendiato i palazzetti di una Berlino pronta, invece, a far festa par i padroni di casa annientati, però, dalle triple spettacolo del nuovo giocatore dei Kings, Belinelli. Risultato, quello degli azzurri, che assume ancor più valore se si pensa alle tante delusioni cui è stato chiamato a riscattare.
E, a proposito di prime volte, lo scorso 28 luglio, è toccato alla tuffatrice Tania Cagnotto scrivere il proprio nome del firmamento del nuoto mondiale. Dopo una carriera strepitosa a livello europeo, e qualche amara delusione in campo olimpico, la 30enne atleta di Bolzano, si è laureata campionessa del mondo dal trampolino 1 metro.
Fa, infine, da sfondo a tutte queste belle storie di sport tricolore, il rombo dei centinaia di cavalli della moto di Valentino Rossi che, a 36 anni, è vicino alla conquista del suo decimo, storico, titolo mondiale della sua incredibile carriera.
Ma cosa accomuna, davvero, queste che verranno ricordare come “indimenticabili imprese”? E, soprattutto, perché le definiamo tali?
La risposta è presto data: soldi, strutture, possibilità. Non è mistero che, in Italia, l’unico sport che benefici di ingenti somme di denaro per lo sviluppo di strutture, settori giovanili, formazione di atleti ed istruttori, sia il calcio.
Il resto, passando proprio dal tennis, al ciclismo, alla pallacanestro, come al volley, fino ai più bistrattati nuoto, atletica leggera e arti marziali, è affidato solo alla passione degli addetti ai lavori, di società che, ogni giorno, contro mille difficoltà, si propongono ai nostri ragazzi come alternativa alla strada o ai computer.
Ecco perché, quando sui campi di tutto il mondo, lo sport italiano tinge d’azzurro e di passione le pagine della storia di una qualsiasi altra disciplina che non sia quella del pallone, tendiamo, con ancor più forza, a sentir l’appartenenza verso quei ragazzi che sfidano campioni attrezzati e ben supportati dalle proprie federazioni, in particolar modo se guardiamo agli americani.
Ecco perché ci stringiamo forte a loro e li abbracciamo con orgoglio: quella loro normalità, quel loro vincere le paure, superare le difficoltà, diventare campioni con sorrisi sinceri stampati in viso, proprio come Flavia e Roberta, ci spinge, sempre un po’ di più, a credere nei sogni, a dare un peso ai tanti sacrifici, una ragione a chi se ne fa carico ogni giorno tra il silenzio attorno di tutti gli altri giorni.