Nel panorama politico europeo ciò che indichiamo genericamente come si sinistra si costruisce alla fine dell’800, si sviluppa nel ’900 e declina negli anni 2000. Non declinano però le ragioni del suo sorgere Combattere le disuguaglianze di reddito e non solo.
La disuguaglianza di reddito, specie dove assume dimensioni patologiche ha pesanti ripercussioni sull’accesso alla cultura, alle professioni, ala dignità della vita e si trascina a dietro anche le discriminazioni etniche o sessuali.
C’è un numero che la misura: L’indice di Gini (growing inequality impact)
Esso varia in un range da 0 a 1 dove 0 è la condizione di massima uniformità nella distribuzione e 1 quella di massima concentrazione della ricchezza
In questo momento, a livello mondiale, l’Italia è terza fra i paesi con le peggiori prestazioni ( 1 – USA con 0,38; 2 – UK con 0,35; 3 – Italia con 0,34).
Le migliori prestazioni sono quelle dei paesi del Nord Europa dal solido welfare (sostenuto da un severo ed elevato carico fiscale) il cui indice medio si aggira intorno allo 0,20.
Si noti che per la sua struttura piccole variazioni nell’indice derivano da importanti impatti economici.
Se guardiamo alla composizione del nostro indice nazionale e lo riportiamo ai territori notiamo che per il Centro Nord esso è dello 0,25 ovvero prossimo ai migliori indici europei, mentre per il Mezzogiorno esso supera lo 0,35 con dieci punti di divario confermando la regola che più è arretrato socialmente un paese più è alto l’indice
La storia italiana dell’indice è interessante: prima della guerra esso era superiore allo 0,60 per precipitare verso quote ragionevoli negli anni del boom in cui la media nazionale raggiunse lo 0,24 con una brusca risalita allo 0.31 con l’abolizione della scala mobile (tanto per capire chi aveva ragione e chi torto in quella circostanza).
Ho citato questi numeri non per esibizionismo statistico ma per fondare su di essi una semplice asserzione:Stando così le cose le ragioni della presenza di una sinistra politica restano tutte vive.
La domanda è: “Ma il PD può essere la sede di questa ipotesi politica?”
Considerata la situazione attuale certamente sì a patto di vincere la battaglia interna contro il moderatismo presentato come ipotesi razionale di sviluppo. Non c’è niente di razionale nella disuguaglianza, fattore di tensione e di squilibrio sociale e fattore di pericolo per la stabilità democratica del Paese.
Una politica equilibrata non trascura i ceti medi ma non può focalizzarsi su di essi in un paese in cui il 38% dei lavoratori dipendenti ed il 53,22% dei pensionati ha un reddito da 0 a 15000 euro lordi con una media mensile netta inferiore ai 700 euro ed in presenza di 12 milioni di poveri concentrati a Sud (fonte: Il Sole 24 ore)
Al di là degli annunci e della abilità comunicativa, sgombrato l’orizzonte dalla cortina fumogena delle chiacchiere resta la dura realtà.
Il PD nasce con l’obiettivo di rendere il Paese più civile innanzitutto abbattendo le ineguaglianze sociali e territoriali non per realizzare, con altri mezzi, le ipotesi del cavaliere.
Renzi se ne vanta: Berlusconi lo disse ma io l’ho fatto a proposito della tassa sulla prima casa. Chiaramente un atto di ruffianeria elettoralistica. La circostanza che il Mezzogiorno sia sparito dall’orizzonte del Governo è una ulteriore conseguenza di quella scelta.
Il PD resta il più importante, e forse unico, strumento di azione politica. Perciò la lotta interna per la sua leadership è importante. Gli “esodati” non aiutano il processo. L’Aventino salva forse la purezza ideologica ma è certamente un atto politicamente rinunciatario.
Tutti quelli che vogliono costruire una sinistra moderna, che sostenga le sue ragioni di fondo senza cedere a sterili massimalismi del tutto e subito ma obbedendo al principio della politica come arte del possibile che si muove nella situazione data per farla evolvere verso condizioni migliori di progresso debbono entrare nel PD e restarci per combattere nell’unica arena possibile in questo momento.
E’ la condizione per spezzare il silenzio del Mezzogiorno di fronte alle scelte governative. Costruire adesso una prospettiva di sviluppo di lungo periodo significa impegnarsi per contrastare la deriva moderata del PD ed evitare che diventi il posteggio taxi di Verdini e soci.
E’ una questione di bilancio politico. Non si può puntare ad una probabile conquista dell’elettorato di destra con la sicurezza di perdere quello di sinistra. D’altronde poiché anche nell’elettorato di centro destra ci sono situazioni di disagio che le divergenze ideali non sopprimono. Il miglior modo di conquistare il consenso delle persone oneste che finora hanno votato da quella parte, è proprio quello di realizzare una politica che riequilibri correttamente le disparità che distorcono la società, rimettendo in moto un ascensore sociale che finora è fermo ancora al pianterreno.