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QUEL CANTO STRUGGENTE DELLA CURVA B

E’ il momento migliore del nostro calcio. E Napoli e Sassuolo ne hanno incarnato e ne incarnano le espressioni piu belle. Ho sentito la nostalgia di non essere al S. Paolo sabato sera, non per i gol e il risultato ma per quel canto a ritmo lento da cui mi son sentito triste a stare lontano. Su tutte le zone del campo le due formazioni si sono date battaglia, zolla per zolla. Quando vedi ventidue ragazzi applicarsi cosi vuol dire che non contano solo i loro stipendi. Non c’e’ speculazione nel calcio organizzato di Di Francesco e di Sarri. C’e’ studio, applicazione, ore e ore di prove e allenamenti. E c’e’ un gioco in cui partecipano tutti. Non e’ una scelta inedita, il primo a porsi il problema fu, ormai in un’altra era, l’allenatore juventino Heriberto Herrera. Ero appena un ragazzo e da lui sentii parlare di “movimiento”. E anche il brasiliano Vinicio negli anni settanta trovo’ col Napoli un calcio che fece divertire e pensare. Anche Zeman ha portato nel calcio l’esasperazione insistita di un gioco offensivo. Diete, tabelle, un assolutismo totale in cui la palla va avanti per triangoli continui e infiniti. E’ il calcio Hegeliano in cui sopra ogni cosa cio’ che conta e’ l’idea. Il piu’ completo e vincente su questa linea, fino al Barca e Guardiola, fu Sacchi. Il suo Milan, meno avventuroso delle formazioni di Zeman, si difendeva pressando gia’ nell’area avversaria ma, pur avendo in campo campioni assoluti come Van Basten e Gullit, quel Milan non era una squadra che faceva poesia. Il poeta era, in quegli anni, il suo piu’ grande avversario, il fuoriclasse migliore che la storia del calcio abbia avuto. Restano da citare gli arancioni d’Olanda e quel Michels che col suo credo totale consegno’ al suo giocatore piu’ forte , Johan Cruijff, la gloria immortale di essere stato il profeta di un calcio spaziale. Non so come finira’ il campionato ma questo di Sarri sembra essere l’esperimento piu’ magico e completo di ogni altro. Certo manca Diego, ed e’ tanto. Ma a quell’equilibrio che il tecnico ha insegnato si aggiunge il grande estro romantico dei protagonisti sul prato.C’e’ una “bandiera”, Hamsik, che negli anni in cui anche nel calcio molto ha ormai la sembianza di merce, resta da anni alfiere d’azzurro. E ci sono ragazzi spigliati che ti accorgii che amano affamati d’intenso la sfera. Mertens, Insigne, Callejon. E c’e’ un viaggiatore in gran tour che dai pali va a contrastare al centro del campo insieme con vigore e follia. Soprattutto c’ e’ quel ragazzo argentino che canta con la curva al ritmo blues quella strana’, e cantata dalgli ultras, struggente canzone mediocre di un tempo lontano. Non sono solo i venti gol a fare importante Higuain. E’ l’armonia di Gardel come un tango che porta negli occhi quando si ferma con la curva a cantare. E’ la gioia triste che da Gonzalo si irradia come fosse consapevole appieno che quello, della massa dei ragazzi che ha di fronte ,prima ancora che un canto e’ un lamento. La nenia triste di chi vive dalla parte di sotto. E’ li che Higuain assume alfine le sembianze di Diego, in quella consapevolezza, sua e dei ragazzi, che quel canto riveste le sembianze di un rito.E sabato, ancora più di sempre, essersi trovato lontano da li, da quel magico luogo di tristezza incantata, fa male all’anima. Non per il bel risultato convincente e rotondo ma per aver mancato una occasione, emozionante e importante, di stare, ancora una volta ,dalla parte di chi esprime , almeno per quei novanta minuti, con un canto d’amore, la propria aspra condizione nella asimmetria inaccettabile degli squilibri del globo.

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