Catello Maresca, giovane Pm napoletano da sempre in prima linea nella lotta alla Camorra e protagonista di un recente attacco a Libera sulla gestione degli immobili assegnati a fini sociali, racconta in “Male capitale” l’inganno e la mistificazione del potere mafioso. E il segno che tale potere, lascia tra veleni, ruderi e aziende abbandonate.
Il libro, è stato presentato ad Avellino.
Quarantatre anni, dal 2007 è alla Direzione Distrettuale Antimafia dove ha coordinato le operazioni “Zenit” e “Caccia al Tesoro” contro il clan dei Casalesi e ha diretto in prima persona le attività che hanno condotto all’arresto del boss Michele Zagaria. Maresca, è lapidario quando afferma che le infiltrazioni dei casalesi, sono presenti anche in irpinia.
Docente per la Federico II di Napoli e l’Università di Santa Maria Capua Vetere, Mareaca è autore di svariati testi in materia di lotta alla criminalità organizzata; tra questi l’ultimo è appunto, “Male Capitale”. Ecco la breve intervista che Maresca ha concesso in esclusiva ai taccuini di Linkabile.it.
Dottor Maresca, di cosa parla Male Capitale, sua ultima produzione letteraria?
“È un mix inedito di realtà e fantasia. Un modo per rendere avvincente il racconto a mio figlio di 12 anni, rispondendo alle curiosità sul mio lavoro sui rischi che comporta. “Il clan dei Casalesi diventa “il clan dei Caponesi”. Il suo fondatore Antonio Bardellino, “Antonio Porcellino”. Il boss Francesco Schiavone detto Sandokan, Francesco “Liberone detto la Perla di Labuan”. Michele Zagaria è “Bagaria”. La città di Marcianise è “Puccianise”. Casapesenna è “Casapennata”. Nomi falsi, volutamente distorti e in qualche caso sbeffeggiati, per dissacrare e denigrare la camorra pacchiana e miserabile che ha messo in scacco la provincia casertana. Nomi falsi che però descrivono fatti veri, precisi e puntuali, vicende che hanno riempito la cronaca giudiziaria. Notizie e pensieri che danno voce scritta alla forza dirompente delle centinaia di immagini scattate da Nicola Baldieri nei villoni dalle architetture discutibili sottratti ai boss, nei bunker dove i capiclan si rintanavano come topi, nelle terre devastate dall’inquinamento prodotto dallo smaltimento scellerato dei rifiuti, sul quale i ‘Caponesi” hanno lucrato”.
Come si puó debellare l’infiltrazione camorristica nelle istituzioni?
“Credendo nello Stato, confidando nei valori veri di legalità e giustizia. Pensare che lo Stato c’è e vince sempre”.
In Irpinia c’è l’ombra dei Casalesi?
“Si, le infiltrazioni camorristiche dei casalesi sono presenti anche qui. L’Irponia è troppo vicina geograficamente a quella terra, per restarne immune”.