La misericordia è la chiave di lettura del Vangelo, è il primo attributo che si richiede ai cattolici di ieri, di oggi e di domani, ed è il fulcro della missione e delle parole di papa Francesco.
In una conversazione con il vaticanista Andrea Tornielli, il pontefice consegna ai lettori quel messaggio di carità cristiana di cui ha fatto il simbolo dell’ultimo Giubileo. È un dialogo semplice e immediato quello che papa Francesco instaura con il giornalista de La Stampa, nell’intento di raggiungere, attraverso la parola scritta, ogni individuo, quasi come se tentasse di abbracciare in una volta tutti, ma proprio tutti, al di là delle distinzioni di sesso e di religione, anche coloro che sono estranei alla Chiesa cattolica.
Perché la misericordia è una virtù che riguarda da vicino tutti gli esseri umani, e che in tempo di discussioni sugli immigrati, sulla famiglia, sugli emarginati, dev’essere il principio base che orienta le nostre azioni di persone, prima ancora che cattolici.
Nel libro, si va dai ricordi di gioventù alla sua esperienza di pastore, fino ad arrivare al pontificato e all’Anno Santo da lui fortemente voluto, toccando nel mezzo la difficoltà di riconoscersi come peccatori, e la necessità di comprendere che Dio non chiude mai la sua porta a nessuno.
Giovedì 3 Marzo, alle ore 17,30, nella sede dell’IIS “Attilio Romanò” in Via Miano 290 a Napoli, si terrà un seminario promosso dal Comitato politico-culturale “Scampia Felice” e dal gruppo”Dignità e Bellezza”, sul volume di Papa Francesco “Il nome di Dio é Misericordia”, il nome dell’uomo Giustizia e Pace.
Tra i relatori ci saranno la prof.ssa Adriana Valerio, teologa e docente di storia del Cristianesimo all’Università di Napoli Federico II e il prof. Samuele Ciambriello, Docente di Teorie e Tecniche della Comunicazione presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Modererà il dibattito padre Domenico Pizzuti, gesuita sociologo.
“La sua parola raccolta nell’intervista di Andrea Tornielli – afferma Domenico Pizzuti – è suadente perché proviene da un’esperienza di vita, talora dissonante nei confronti di una religione che abita ancora i sacri palazzi, di una religiosità diffusa prevalentemente cultuale, e di un clericalismo di ritorno. Non parla come un dottore della legge, ma come un pastore al cuore dell’amico. Di fatto la accolgono coloro che per esperienze sofferte nella chiesa sono in sintonia con essa, ma scivola sopra abitudini consolidate. E’ forse una voce extra chorum, che va preservata e custodita?”.