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DEPUTAZIONE DELLA CAPPELLA DEL TESORO DI SAN GENNARO, UN PO’ DI CHIAREZZA TRA IL DECRETO ALFANO E L’INDIGNAZIONE DEI NAPOLETANI

E’ di questi giorni la bufera che si è scatenata attorno alle reliquie e al tesoro di San Gennaro, da cinque secoli custoditi dalla Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro, un organismo laico.
Tempo fa nelle mani dei deputati di via Duomo è arrivato un decreto del ministero dell’Interno, firmato da Angelino Alfano, un testo nel quale si “equipara la deputazione a una Fabbriceria” (con il termine Fabbriceria viene inteso un ente che provvede alla conservazione e mantenimento dei beni dei luoghi sacri, come le chiese) che rinomina arbitrariamente gli 11 deputati attualmente in carica, assumendosi un ruolo che storicamente non gli compete.
In questo modo scomparirebbe il diritto al patronato, ovvero quello di nominare l’abate della Cappella e gli altri prelati e la Curia potrebbe designare, un terzo dei deputati. La Deputazione sarebbe quindi composta da otto membri laici e quattro di nomina ecclesiastica, perdendo così dopo cinque secoli il suo carattere laico e indipendente.
La Deputazione ha mantenuto la sua peculiarità completamente laica dal lontano 1527 con mandato firmato davanti a un notaio, dove, simbolicamente, il patrono stringeva un patto con la sua città: in cambio della costruzione della Cappella avrebbe difeso Napoli.
Torniamo indietro, torniamo a quei tempi.
Negli anni 1526 e 1527 la città di Napoli subiva contemporaneamente due flagelli: la guerra tra Spagna e Francia, che ebbe come principale teatro proprio il regno di Napoli e la pestilenza che trovò terreno fertile sulla carestia e sulla fame conseguente alla guerra.
Per questi tragici avvenimenti, il popolo di Napoli il 13 gennaio 1527, nell’anniversario della traslazione delle ossa di San Gennaro da Montevergine a Napoli, implorò la protezione del Santo Patrono, formulando il voto solenne di erigergli una nuova e più ampia Cappella del Tesoro nel Duomo.
L’impegno del popolo fu immediatamente assunto e sottoscritto dagli Eletti della città, cioè dai rappresentanti dei cinque Sedili nobili e del Sedile del popolo che costituivano il Corpo di Città e che il 5 febbraio 1601 nominarono una Deputazione di dodici membri, due per ciascun Sedile, a cui affidarono l’incarico di provvedere alla fondazione della Cappella ( inaugurata il 16 dicembre 1646).
Successivamente la deputazione fu leggermente cambiata da Gioacchino Murat che, nel 1805, intelligentemente decise di mettere come presidente della Deputazione il Sindaco pro tempore della città di Napoli. Alla Deputazione è affiancato il Capitolo dei Prelati: composto anch’esso da 12 membri. Anche i Prelati rappresentavano gli antichi Sedili napoletani.
La Real Cappella del Tesoro, magnifica nel suo splendore barocco, fu consacrata il 16 dicembre 1646, e fino ai giorni nostri è rimasta affidata alla Deputazione, che assieme all’adiacente Museo custodisce l’inestimabile Tesoro di San Gennaro.
Questo spazio espositivo, nato nel 2003 per volontà della Deputazione della Real Cappella del Tesoro con l’obiettivo di mostrare al pubblico le donazioni che il Santo patrono di Napoli ha ricevuto nell’arco di sette secoli di storia, è una realtà museale privata, ancor oggi poco conosciuta. La sua collezione annovera ben 21.610 pezzi di eccezionale valore, raccolti in circa settecento anni e realizzati da raffinati maestri orafi grazie alla munificenza di papi e regnanti d’Europa, insieme agli ex-voto, a testimonianza della devozione del popolo napoletano a questo Santo.
Il tesoro non appartiene alla Curia ma appunto alla città, come stabilito appunto dall’ atto notarile del 1527.
La Deputazione della Real Cappella del Tesoro nata inizialmente per supervisionare la costruzione della cappella, in realtà, ha esercitato in seguito una funzione più importante, ovvero quella di difensore della raccolta da tentativi di spoliazioni o di acquisti da parte di personaggi facoltosi.
La Deputazione garantisce da quattro secoli l’intangibilità delle ampolle del sangue e delle sacre reliquie e costituisce una delle più antiche e singolari istituzioni ancora rimaste in Italia.
Molte sono state le vicissitudini e le lotte giurisdizionali sostenute dalla Deputazione, anche per la difesa del diritto di patronato della Città sulla Cappella e, probabilmente, senza l’esistenza di questa nobilissima Istituzione, la tradizione, la storia, la cultura e lo straordinario patrimonio artistico legati al culto di San Gennaro, non sarebbero stati conservati intatti nel tempo.
Napoli, come si può vedere, custodisce tradizioni plurisecolari che fanno parte delle radici culturali del popolo e gli stessi Deputati, ancora oggi scelti tra le antiche famiglie, un tempo ascritte ai Sedili (tra gli altri Caracciolo, Carafa, de’Medici, Imperiali, d’Aquino, di Somma, Sanfelice, Carignani), custodiscono e testimoniano questa tradizione.
La storia dei sedili di Napoli è stata ricca e articolata.
Di sicura importanza è stato il loro ruolo in relazione al Santo Patrono di Napoli, San Gennaro: i sei sedili che gestivano, dividendosene gli incarichi, l’amministrazione politica e religiosa della città, avevano anche il potere di creare piccole deputazioni, per migliorarne l’iter amministrativo.
In passato, già Carlo II d’Angiò aveva creato una rappresentanza di nobili, che scelse dai sei sedili, per la manutenzione e amministrazione della cappella vecchia, collocata nella torre a destra del Duomo. La costruzione della cappella ebbe inizio solo l’otto giugno 1608, dopo aver ottenuto, nel 1605, da Paolo V la bolla di fondazione, in cui il Papa poneva la cappella sotto la giurisdizione pontificia, rendendola di fatto indipendente dalla Curia di Napoli. In questo modo, Paolo V riconosceva alla città il diritto di patronato sulla cappella, per la sua dotazione, costruzione e fondazione, e il diritto di nomina dei sei canonici, specificando che tali diritti non discendevano da privilegio canonico, ma da fondazione laicale. Quanto stabilito da Paolo V venne ribadito dalla bolla di Papa Urbano VIII, del 1635, che dichiarava la deputazione indipendente dall’Ordinario di Napoli e soggetta al nunzio apostolico nominato dal Papa; in più affidava ai deputati la nomina dei chierici, fino ad allora nominati dai canonici. Nel 1646, grazie ad un contratto fra la cappella e gli eletti della città, Napoli si impegnava a versare una somma ogni anno per il mantenimento della cappella stessa.
Quando con l’editto del 1800 Ferdinando IV abolì sedili, corpo della città, tribunale di San Lorenzo e tutte le deputazioni, venne abolita di conseguenza anche la deputazione che amministrava la Cappella del Tesoro di San Gennaro; il re, con un dispaccio del 12 settembre dello stesso anno, affidò l’amministrazione della cappella ad un Tribunale Conservatore ; esso fu sostituito poi il 13 ottobre 1806, quando venne costituita, sempre con dispaccio reale, una deputazione formata da sette nobili. Ma Ferdinando non intese, eletti da lui i deputati, togliere loro quelle funzioni che derivavano dalle antiche bolle dei pontefici, e, sebbene da allora i membri della deputazione fossero di nomina regia, restarono ferme le disposizioni in materia di amministrazione e governo della cappella, che rimaneva sotto la totale gestione della deputazione.
Il 23 gennaio 1811 essa fu messa sotto la presidenza del sindaco pro tempore di Napoli, regola tuttora esistente, e sotto la dipendenza del Ministero degli Affari Esteri, da Gioacchino Murat. Nel 1815 si stabilì di portare a dieci il numero dei deputati, che divennero dodici, tutti nobili, nel 1852. Il 26 aprile 1848 Ferdinando II pose la cappella sotto la dipendenza del Ministero e Real Segreteria di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel 1861, con un decreto luogotenenziale, venne istituita una nuova deputazione costituita da dieci deputati nobili e due rappresentanti del popolo, che amministrava a norma delle bolle e degli statuti; e, abolito il Ministero della Presidenza, essa passò alle dipendenze del Ministero di Grazia e Giustizia e degli Affari Ecclesiastici. Venne rispettata, così, l’autonomia della cappella, che rimase, come ente morale sui generis, sotto la presidenza del sindaco di Napoli. La deputazione dovette aspettare la procura generale del re del 25 febbraio 1891 perché la Real Cappella fosse dichiarata monumentale, e solo nel 1894 Umberto I ne accettò lo statuto interno.
Lo statuto aggiornato ed approvato con regio decreto del 7 giugno 1894 e il relativo regolamento, adottato con decreto ministeriale del 23 gennaio 1926, recano l’ordinamento della Cappella ancora oggi vigente.
In forza di tali disposizioni, la Cappella venne posta alle dipendenze del ministero di grazia, giustizia e degli affari di culto, con esclusione di ogni dipendenza dall’autorità ecclesiastica.
Quindi, per effetto delle riforme seguite al Concordato lateranense, nel 1932 tutte le attribuzioni in materia ecclesiastica e quindi anche le vicende della Cappella furono trasferite al ministero dell’interno.
Nel 1927 venne emanata la bolla palale di Pio XI; questa conferma quanto stabilito dalle precedenti bolle pontificie, sia in relazione al culto che all’amministrazione della cappella, riconoscendo che essa è sotto da diretta giurisdizione del Papa, rappresentato dal delegato apostolico Arcivescovo di Napoli, e della città, rappresentato dalla deputazione.
Dal 1946 il Presidente della Repubblica è incaricato di approvare le nomine dei Deputati. Questi sono scelti sulla base di terne di candidati proposti dall’Ente. Durante le celebrazioni in onore del Santo è sempre uno di loro a sventolare il fazzoletto bianco dell’avvenuto miracolo.
Il Tesoro di San Gennaro, grazie a quattro bolle pontificie ottenute dalla Deputazione (il diritto di patronato sulla Cappella fu riconosciuto alla città di Napoli con la bolla del 10 marzo 1605 di Papa Paolo V e fu confermato con le successive bolle del 1635, di papa Urbano VIII, e del 1927, di papa Pio XI) ha mantenuto lo stato giuridico e la piena autonomia nei riguardi della Curia stessa.
Sempre in base all’ordinamento della Cappella, all’amministrazione dell’Ente è tuttora preposta una deputazione di dodici membri rappresentanti le famiglie degli antichi sedili cittadini, nominati allora dal re ed oggi con decreto del ministro dell’interno, su deliberazione della deputazione; ciascuno dei “deputati” resta in carica per quattro anni ed è rieleggibile; l’organo collegiale viene, invece, rinnovato per quote annuali pari ad un quarto della deputazione, per cui ogni anno viene eletta una terna di rappresentanti.
Da ultimo, con decreto del ministro dell’interno del 5 gennaio 2004 è stata attestata la personalità giuridica civile dell’ente per “antico possesso” e, di recente, la prefettura di Napoli ha evidenziato la necessità di aggiornare lo statuto, risalente al 1894, per adeguarlo alle disposizioni della vigente normativa.
Nel 2003 la Deputazione ha inaugurato il Museo del Tesoro di San Gennaro di Napoli, la cui realizzazione nasce dall’intento di allestire uno spazio che nel tempo potesse esporre il tesoro di San Gennaro di Napoli al completo e diffondere sempre più la straordinaria fede di un popolo.

“Giù le mani da San Gennaro”
Contro il decreto del ministero dell’Interno di questi giorni, ci sarà il ricorso al Tar da effettuare entro il 4 aprile, mentre i fedeli, ma anche buona parte della società civile ed identitaria della città di Napoli, organizzano il prossimo sabato, 5 marzo un raduno di protesta alle ore 15 presso il Piazzale del Duomo (Via Duomo).

di Carlo Fedele

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