Le sentenze si fanno in tribunale. È questo il succo delle recenti dichiarazioni di Matteo Renzi sulla vicenda Tempa Rossa, che ancora non smette di far discutere. Stavolta, l’argomento di discussione riguarda le famigerate intercettazioni: «Se vi tengono il telefono sotto controllo voglio vedere cosa dite dei vostri colleghi, dei vostri compagni dell’università, il modo con cui si parla a telefono è profondamente diverso».
Il premier ci tiene a sottolineare che da parte sua non c’è stata alcuna polemica nei confronti della magistratura, ma che, anzi, il suo intento era semmai l’opposto: incoraggiare i magistrati, affinché procedano nel loro lavoro e arrivino alla sentenza nei tempi più brevi possibili. E poi aggiunge: «Renzi fa il tifo, sprona, incoraggia i Pm di Potenza», parlando di sé e delle supposizioni secondo le quali avrebbe attaccato la magistratura.
«Il rapporto con la magistratura è sempre stato di subalternità o di attacco. Ora è arrivato il momento di dire che noi facciamo il tifo per la giustizia» ha infatti aggiunto, volendo chiarire con queste parole una volta per tutte che il governo è dalla parte di chi lavora per garantire la giustizia nel nostro paese. «La magistratura non si accusa, non si segue, si rispetta chiedendo di fare ciò che da secoli deve fare e su cui noi non mettiamo bocca così come la magistratura non mette bocca nel procedimento legislativo. Sarebbe clamorosa invasione di campo».
Però ci tiene a dire ai magistrati che le sentenze non devono essere condizionate dalle intercettazioni da cui i giornali pescano le frasi a effetto, tenendo sempre presente che nelle conversazioni telefoniche cambia tutto, il modo di parlare di amici e parenti, di utilizzare un linguaggio anche più strettamente gergale.
«Cercate la verità, non accontentavi di quella di chi la compra un tanto al mese e pensa di farla diventare realtà. Non credete mai a quel principio terribile per cui se una cosa viene detta tante volte diventa vera», e ancora «Noi nutriamo profondo rispetto per la giustizia ma anche della politica: la politica non è una cosa sporca, è una cosa bella e non accetteremo mai di renderla subalterna a niente e nessuno».
«Se siete del Pd è perché pensate che apparteniamo ad una comunità, perché credete nelle riforme e perché pensate che l’Italia è troppo bella per lasciarla in mano a qualcuno che sa solo urlare». «Vi auguro – conclude rivolgendosi agli ‘studenti’ – di avere la forza di cercare la verità, di avere forza di essere consapevoli che la bellezza che abbiamo è un dono enorme e che è compito del Pd consentire al Paese di non vivere solo di ricordi: grazie al Pd l’Italia sarà importante anche per il futuro».
E a proposito di intercettazioni, il deputato David Ermini, Responsabile Giustizia del PD, ha fatto sapere che il governo sta giustappunto lavorando ad una legge al riguardo: «Noi non tocchiamo le intercettazioni come strumento investigativo, che resta nella piena disponibilità dei magistrati. Il problema che ci poniamo è sulle intercettazioni che vengono pubblicate senza avere nulla a che fare con l’inchiesta penale».
Ma il presidente dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) Piercamillo Davigo, ricorda che pubblicare le intercettazioni è già considerato reato penale in Italia, e che una nuova legge sarebbe superfluo, visto che basterebbe, tutt’al più, aumentare le pene previste per diffamazione.
Anche il Movimento 5 Stelle fa sapere che non ci sta, e che quello del governo si tradurrebbe in un tentativo di mettere un bavaglio alla magistratura. Secondo Beppe Grillo, infatti, l’obiettivo del PD sarebbe quello di non rendere note le intercettazioni e impedire ai giudici di servirsene, paragonando poi questa mossa a quella compiuta da Berlusconi non molti anni fa: «Grazie alle intercettazioni di Trivellopoli abbiamo saputo della combriccola del quartierino che dice al governo quali emendamenti far approvare e come scriverli e della guerra tra bande (o meglio tra lobby) in atto che coinvolge ministri, viceministri, sottosegretari e parlamentari. E chissà quanto altro c’è da scoprire!». È quel che si legge sul blog di Grillo, che ancora una volta propone di mandarli tutti a casa e lancia l’hashtag #PubblicateleTutte.