DELITTO REGENI:OLTRE IL MURO DI NEBBIA E I SILENZI

Diciamo la verità.l’Egitto ha qualcosa da nascondere sulle torture e il delitto di Giulio Regeni e non ha interesse che la verità emerga e i colpevoli siano puniti. Il procuratore Giuseppe Pignatone,è un siciliano lucido e tenace,con le spalle forti,ma ha capito subito dall’incontro con gli inquirenti egiziani che il muro di nebbia e silenzi frapposto fra l’uccisione brutale di Giulio e la verità per trovare i suoi aguzzini non era stato ancora scalfito. Fallito il vetice investigativo è scattato il “passo diplomatico” che il Governo aveva promesso alla famiglia:la farnesina ha richiamato l’ambasciatore al Cairo,scelta che ha un alto valore simbolico sia per difendere il decoro e la dignità nazionale sia per mostrare insoddisfazione per il comportamento egiziano dai contorni sempre più sconcertanti.

Ed ora è necessario far si che l’Egitto abbia preciso interesse a trovare ed indicare i responsabili del delitto. Diplomazia,politica in senso pieno,occorre usare tutte le leve con giusta decisione.

C’è chi teme che per questo perderemo affari. L’Italia è il secondo partner dell’Egitto dopo la Germania. Gli affari tra le due sponde del Mediterraneo valgono 5 miliardi l’anno,dal petrolio alle centrali,dalla banche al cemento. Oltre la compagnia petrolifera di cui è azionista il Tesoro,ci sono i nomi più noti della manifattura italiana,da Pirelli a Saipem,da Italcementi ad Iveco.

C’è da registrare sulla morte di Giulio anche i dubbi arabi sulla ricostruzione egiziana. Anche la stampa mediorientale si interroga sulle tante “verità” rilasciate dal Cairo. Incolpare il generale Khaled Shalabi,il funzionario della polizia di Giza che per primo ha condotto le indagini preliminari sull’uccisione del ricercatore italiano è l’unico scenario che resta al governo egiziano per scagionare le più alte autorità.

O in Egitto pensano che poichè nel nostro Parlamento hanno creduto alla storia della nipote di Mubarak,gli italiani possono credere a qualsiasi ricostruzione?

Bene la determinazione che l’Italia sta mostrando nell’invocare giustizia e verità.

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