Adesso che il referendum del 17 aprile è già un’altra pagina da voltare prima di passare alla successiva, si fa sentire amara la consapevolezza che in fondo era tutto scritto. Non è la tronfia soddisfazione di chi sentenzia con un “te l’avevo detto”, ma la constatazione che un po’ ce lo immaginavamo. Il quorum non è stato raggiunto, perché soltanto il 31,18 degli italiani ha votato, compresi coloro che si trovano all’estero, e per quanto qualcuno possa avercela messa tutta per convincere amici e parenti ad andare a votare, dentro di sé c’era il timore che il risultato non sarebbe stato raggiunto.
È per questo che chi è andato a votare, e lo ha fatto con convinzione, prima di recarsi al seggio, nei giorni precedenti ha sparso la voce, ha dato il via ad un passaparola che sperava arrivasse il più lontano possibile, perché sapeva che quello del quorum era un nastro difficile da tagliare, anche se questo non voleva dire smettere di sperarci.
Perché poi, diciamocelo, non è che a noi italiani stiano tanto a cuore le questioni ambientali. Prima di tutto viene il lavoro, poi ci sono la sanità, la scuola, le pensioni, poi le porcate in parlamento che però siamo disposti a perdonare quasi subito. Dopo ci sono le coppie di fatto, gli omicidi in famiglia, i cibi contaminati, gli animali e gli scandali in Vaticano. Ultimo viene l’ambiente, dopo il gossip naturalmente. Figurarsi se c’è spazio per parlare pure di risorse energetiche. È vero, si è detto e ridetto che giornali e tv non ne parlavano abbastanza, ma perché a questo punto non andare a cercarsela da soli l’informazione? Se abbiamo preso coscienza della negligenza del servizio pubblico o delle reti private o di chicchessia nell’aggiornare i cittadini sulle ragioni di questo referendum, allora perché non abbiamo preso i nostri smartphone e non abbiamo indagato per conto nostro?
Semplice. Perché non sarebbe potuto importarcene di meno. Le notizie erano lì, bastava solo cercarle in rete, come facciamo di solito quando un nostro amico ci dice che una celebrità si è rifatta il naso e allora andiamo subito a sbirciare le foto, ma no, a noi non interessava. Qui sta il punto. Adesso i promotori del NO e dell’astensionismo avranno un bel da dire che hanno vinto loro, che il restante 70% degli italiani se n’è stato a casa perché era dalla loro parte. Sarà pur vero che qualcuno al seggio non c’è andato perché le trivelle gli stanno bene lì dove sono, ma di quel 70% quanti invece non sono andati a votare perché non sapevano neanche cosa avrebbero votato segnando la ics sul SÌ o sul NO? Perché quel giorno era bel tempo, e allora tanto valeva farsi una passeggiata, che a votare ci vada qualcun altro, tanto in questo Paese non cambia mai niente.
Neanche Renzi se n’è accorto, probabilmente. La logica dell’astensionismo in sé è pienamente comprensibile: se non vuoi che vincano i SÌ allora tanto meglio far fallire il referendum. Non fa una piega. Eppure è difficile liberarsi dell’impressione che un capo di stato che invita a non andare a votare sia spiacevole. Ma sì, dopotutto nemmeno lui s’è guadagnato la poltrona col voto, è doppiamente comprensibile.
Però non s’è accorto di una cosa: quelli che domenica 17 aprile sono andati a votare al referendum sulle trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa sono elettori di sinistra, prevalentemente. Vuoi perché più sensibili alle questioni ambientali, e basta guardare ai Verdi o a Sel per capire in che area della politica si collochino ecologisti e ambientalisti. Ma vuoi forse anche perché il referendum è stato indetto da nove regioni italiane rette da governatori di sinistra. Sono tutti elettori, questi, che alle prossime elezioni potrebbero spostare il loro voto in qualche altra direzione, magari verso il M5S, o magari non andando a votare la prossima volta, come Renzi ci ha chiesto di fare in quest’occasione.
E magari coloro che ieri non si sono recati alle urne, non si recheranno neanche tra un anno, o due, o quando ci saranno le elezioni. Se Renzi crede che coloro che non hanno votato lo seguano, dovrebbe pensare piuttosto a quanti non hanno votato perché ormai se ne fregano. E se pensa di aver vinto lui, dovrebbe pensare a quanti elettori invece ha perso, sempre ammesso che abbia intenzione, un giorno, di rimettersi anche lui al voto degli italiani.