Officina delle idee

LA SCUOLA NON PUO’ TUTTO, UNA RIFLESSIONE SUI FATTI GRAVI DI SECONDIGLIANO

Ieri, giovedì 28 aprile, presso la Fondazione Sudd di Napoli, abbiamo parlato di lotta alla camorra. Lo abbiamo fatto con il Presidente del Tribunale per i minorenni di Napoli, Maurizio Barruffo, con Antonio Bassolino e con una insegnante di Scampia, Dina Serino. Abbiamo parlato, soprattutto di questo nuovo volto cruento e doloroso della camorra in città, che riguarda i ragazzi.  Adolescenti che diventano capi, ragazzini che diventano killer e che uniscono la spietatezza del ruolo all’incoscienza dell’età, facendo esplodere violenza e tragedia con una cecità che terrorizza.

Rubandoci i bambini, la camorra mette le mani sul futuro. E’ questo il salto di fase. Non è più una emergenza dell’oggi, una piaga del presente. Ma una ipotesa drammatica su quello che verrà. Rubandoci i giovani, la camorra ci ruba le energie migliori, le gambe su cui camminiamo, le idee verso le quali viaggiamo.

Ecco perché la situazione a Napoli non è mai stata così grave. Va detto e ricordato: non ha giovato in questi anni il tentativo di rimozione condotto da alcuni, nel pur comprensibile desiderio di sottrarre Napoli ad una immagina emergenziale. Non ha portato frutti l’idea che parlare del male significhi rovinare l’immagine della città. Al contrario, parlare del male significa far capire la gravità, alzare l’attenzione, sottrarre all’oblio. Oggi si chiedono interventi urgenti allo Stato. Ma interventi su cosa se fino a ieri veniva raccontata la fiaba di una città liberata?

In realtà di ricostruzione e di azione c’è bisogno, eccome. A partire proprio dai ragazzi, dai minori, da quella fascia debole così esposta. Il tema vero, su cui abbiamo ragionato, è come si cambia il destino di questi ragazzi? Facile allineare parole d’ordine. Le conosciamo tutte: lavoro, intervento sociale, scuola, cultura, aggregazione, eccetera. Ma poi scendere nel dettaglio, costruire progetti, immaginare percorsi, strutturare anche una pazienza della pedagogia e del lavoro educativo, in un tempo in cui si vuole tutto e subito a scopi di propaganda, non è semplice.

Positiva mi sembra la notizia che arriva dal Governo sull’apertura straordinaria delle scuole anche fuori dai canoni, nei quartieri a rischio. In questo senso, aveva già lavorato la Regione, con Bassolino, anni fa, dentro l’intervento delle Scuole aperte. Ma anche in questo senso, da insegnante prima ancora che da donna delle istituzioni, segnalo un pericolo, ben descritto dal maestro di strada Cesare Moreno, in una intervista alla Stampa.  Non possiamo attaccarci alla scuola come elemento salvifico, pensando che basti aprirle per renderle efficaci. Il tema è, su tutto, la qualità dell’azione educativa, che è azione di contesto: scuola, famiglia, associazioni, società. Non serve aprire le scuole di pomeriggio e in estate se non intervieni anche sulla qualità del lavoro nelle ore ordinarie. Va, forse, ripensata proprio la natura delle relazioni, a scuola e fuori della scuola. I ragazzi vanno accompagnati nella formazione, nell’educazione costruendo, in tutti i passaggi della vita, una nuova fiducia in se stessi, nelle istituzioni, nel lavoro. Hai voglia a insegnare ma se il mondo intorno rema in un’altra direzione, il modello culturale resta quello camorristico, violento, illegale. E non c’è porta aperta, non c’è scuola aperta che tenga.

Questo ci serva per capire la complessità del lavoro, non per disperare. Urge una strategia seria, articolata, complessa, che alzi lo sguardo sul futuro, che prenda tutta l’aria che serve, che tiri un lungo respiro e faccia un cammino innanzitutto nella serietà e nell’onestà intellettuale, dentro e fuori la scuola. Napoli si libera così.

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