La mamma è sempre la mamma. Anche il papà non è da meno, ovviamente. Per questo abbiamo due giorni distinti per vezzeggiarli, manifestargli il nostro amore e, magari, fargli anche un regalo. In tutto il mondo si celebra la festa della mamma, anche se non sempre nello stesso giorno. In molti paesi la ricorrenza cade la seconda domenica di maggio, proprio come in Italia. Non c’è bisogno di spostarsi molto per trovare chi preferisca un altro giorno. Come a San Marino, per esempio, dove la festa cade di 15 marzo.
Qui da noi, la festa della mamma non ha origini molto antiche. L’antenata più diretta sembra essere la Giornata nazionale della Madre e del Fanciullo, istituita dal regime fascista negli anni Trenta, ma è soltanto vent’anni più tardi che è diventata una ricorrenza fissa, stabilita per il mese di maggio (e dei bambini se ne è persa traccia). Insomma, una tradizione che oggi ci sembra radicata nella nostra società, ma di cui in effetti abbiamo fatto a meno per tanto tempo.
La scelta di una scuola elementare di Torino di cambiare la festa della mamma con la “festa di chi ti vuole bene” ha fatto notizia, e scatenato qualche polemica, come sempre accade, del resto, quando si tenta di cambiare qualcosa. L’iniziativa, a dirla tutta, non appartiene all’intera scuola, ma soltanto ad una classe della primaria Coppino, dove le maestre hanno avuto l’idea di ribattezzare la festa e il suo contenuto. Insomma, i bambini per l’occasione non hanno dovuto preparare i soliti disegni e imparare poesie per le loro mamme, ma hanno avuto la possibilità di scegliere a chi dedicare i loro lavori.
La cosa sorprendente è stata proprio questa: la maggior parte degli alunni di questa prima elementare ha pensato non ai genitori, bensì ai nonni, o agli zii, agli amichetti e persino all’animale domestico. Inutile dire che la cosa non è andata giù a tutti, come a una delle mamme di questi bambini che ha così commentato su Facebook: «Ritengo molto sbagliato eliminare due figure simbolo, la madre e il padre, a favore di un vago e fuorviante, nonché ipocrita, “chi ti vuole bene”», aggiungendo che il padre e la madre «sono due cardini, due archetipi, due certezze intorno ai quali si è costituita la nostra società. Dovere della scuola è radicare certezze nelle figure di riferimento, non aumentare la confusione e disorientare i bambini».
In realtà, anche dietro questa “festa di chi ti vuole bene” potrebbe esserci quello che è uno degli innumerevoli compiti a cui la scuola deve assolvere: unire. Regalando ai bambini un momento di condivisione e di gioia al quale possano partecipare anche quelli che vengono da una famiglia non tradizionale, o che la mamma non ce l’hanno più. Onestamente, non sarà un giorno all’anno a renderci più o meno validi genitori, o a stringere un legame più o meno forte coi nostri figli.
Figli che, ancora una volta, sono un passo avanti ai genitori. Probabilmente quei bambini nemmeno ci hanno pensato alla trasformazione di una festa in un’altra. Hanno solo dimostrato il loro affetto per delle figure che potevano non essere quelle genitoriali, ma non è detto che non possano essere di riferimento, così come non è detto che non possiamo sceglierceli da noi i nostri punti di riferimento – senza nulla togliere alla mamma e al papà, e con la guide giuste, s’intende – e soprattutto, non sarà un biglietto di dedica alla tata o alla nonna il metro dell’amore di un bambino per la propria mamma.
Chissà se qualcuno storse il naso, ottanta anni fa, quando si pensò di aggiungere al calendario la Giornata della Madre tra le festività. Forse a qualcuno non piacque l’idea di dare tanto rilievo alle donne, o forse qualcun altro non gradì la scelta di festeggiare proprio il 24 dicembre. Ad ogni cambiamento, corrisponde un moto di fastidio, da qualche parte del mondo. Tranne per i bambini, che a cose del genere si abituano in fretta, e non stanno a darci tanto peso.