Officina delle idee

IL DOTTOR CALLIGARI E L’ARTE DELLA POLITICA

Il dottor Calligari lascia scaricare tutto il proprio peso sulla mano appoggiata allo stipite dell’uscio d’ingresso, mentre l’altra fascia la bocca fino al naso, tutta intenta a trattenere a occhi chiusi un ghigno enigmatico che non so se abbia a trasformarsi di qui a poco in una smorfia di dolore o in una risata sonora.

So soltanto che l’ospite se ne rimane a lungo impalato, quasi in bilico, come se voglia entrare e allo stesso tempo non riesca a muoversi, probabilmente preso dalla distorta idea che così finisca per interrompere la propria riflessione. Ma, se il dottor Calligari non entra, io che diamine faccio? Non posso richiudere, ma soffro a tenere aperto l’uscio. Intanto la corrente d’aria che si crea nel piccolo appartamento già spinge con veemenza la porta della cucina a sbattere contro i cardini, mentre già m’immagino che la fiamma del gas stia per cedere e abbandonare la cottura del caffè.

Restiamo a lungo così fino a quando mostro segni di impazienza e impreco: “Dottore!”. Solo allora lui apre gli occhi e d’impeto si sblocca, scoppiando in lacrime e ridendo, guadagnando subito il corridoio di casa non senza prima avermi dato la pacca sulla spalla: “Caro il mio Edoardo, roba da non credere!”.

Non me ne curo. Lo lascio bollire nel suo brodo mentre con il suo stesso impeto ora chiudo la porta d’ingresso, infilo la cucina, constato che il caffè – nonostante tutto – è salito e comincio ad avviare il rito dello zucchero, della presina, del cucchiaino, della tazza, del piattino…

“Lei ha capito?” mi chiede il dottor Calligari provando a farsi strada nella più totale indifferenza e mostrandomi un vecchio giornale. E lui continua, singhiozzando e ridendo: “Vogliono amministrare la città, ambiscono a governare il Paese, pensano di poter guidare il mondo risolvendo i problemi della gente… E poi che fanno? Non riescono a raccogliere in maniera regolare le firme per poter presentare le liste? Adesso entrano ed escono dal tribunale nella speranza che vengano accolti i loro ricorsi. Bah, che vergogna”.

“Un motivo in più per non andare a votare” taglio corto io.

Il dottor Calligari non si fa interrompere e prosegue: “Non mi si venga a far discorsi del genere: ma una volta non era così, quando c’erano lo scudocrociato e la falce e il martello era tutt’altra cosa, l’antipolitica, la morte dei circoli, l’espansione dei partiti liquidi, il partito personale. La verità è che questi sono quattro scalcagnati che non sanno neppure chi li ha creati. Perciò poi quando vincono le elezioni sbagliano le delibere, fanno leggi pasticciate…”.

Poi il dottor Calligari fa una lunga sosta per tracannare il caffè e io incalzo ancora: “Un motivo in più per non andare a votare”.

Lui finalmente si placa per un attimo. Mi fissa e fa: “Oh, ma lei insiste in questa storia?”.

“Insisto – replico io – perché a me la politica non interessa per niente”.

Il dottor Calligari riprende l’antico tono, tra il saccente e il borioso. Ora scandisce le parole con la stessa enfasi di prima, ma con molta pacatezza.

Il dottor Calligari confida che anche lui ha sempre guardato con sospetto alla politica, come ad un’arte della finzione. Anzi, spiega d’avere sempre provato fastidio sia di fronte a chi restava impermeabile alle lusinghe e alle bugie dei politici, sia di fronte a chi si infervorava e arrivava persino ad arrabbiarsi. Il dottor Calligari ammette tutta la propria distanza da quel mondo di finzione, fino a prendermi in giro: “Si figuri, il mio caro Edoardo, per anni ho pensato che la lotta di classe era quando i miei compagni si prendevano a botte sotto scuola”. Infine conclude: “Ma qualcuno dovrà pur occuparsi del bene comune, non le pare?”.

“No, illustre dottor Calligari, la prego di non insistere: io non andrò alle urne” gli rammento per congedarlo.

Lui sornione mi guarda e dice: “D’accordo, lei è padrone di fare quello che vuole. Ma non dica che la politica non le interessi. Non c’è nulla che riguardi l’uomo e non meriti anche la sua preziosa attenzione. Ci pensi, mio giovane amico. Bene comune, etica della responsabilità, I care: do you remember?”.

Potrebbe piacerti...