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26 ANNI A DE SANTIS PER L’OMICIDIO DI CIRO ESPOSITO:GIUSTIZIA E’ FATTA?

Finalmente la sentenza e’ arrivata, 26 anni di carcere per Daniele De Santis, il supporter giallorosso detto “Gastone”, che quel tragico giorno del 31 Maggio di 2 anni fa’, prima della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina, infieri’ sul povero Ciro Esposito, sparandogli un colpo di pistola, perforandogli il polmone, arrivando fin alla colonna vertebrale, fatale per la sua morte, dopo 50 giorni di agonia al Policlinico Gemelli di Roma. La III Corte d’assise di Roma cosi’ ha deciso, una sentenza che senz’altro lascera’ strascichi:da una parte i Pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio avevano chiesto l’ergastolo, la controparte di De Santis, il legale suo difensore Tommaso Politi chiedeva il proscioglimento per legittima difesa, poiche’ sosteneva la difesa” tanti testimoni hanno raccontato che De Santis  ha cercato di sottrarsi al linciaggio“. Al di la’ della condanna giudiziaria e degli attori protagonisti e non della vicenda, che per ovvie ragioni puo’ attenzionare lo storytelling del circo mediatico televisivo, subentra in ognuna delle nostre coscienze, una personale condanna morale verso chi abusa di queste tragici eventi, tralasciando la sfera privata, di famiglie dei cosiddetti protagonisti, che inaspettatamente si trovano davanti ai riflettori a dover giustitificare, proteggere, rispettare i propri cari. Pensiamo alla fidanzata che ad un tratto, vede il suo percorso di vita, inspiegabilmente interrotto, per non parlare della madre del povero Ciro, Antonella Leardi, a suo malgrado,  diventata l’attrice  protagonista, di un film che un lieto fine non ha; Antonella avrebbe sicuramente fatto a meno, di presenziare a trasmissioni televisive, di scrivere un libro per difendere la memoria di quel figlio 30 enne, che sognava un giorno di trasferirsi  in Inghilterra con la fidanzata, solo il coraggio di una madre, spogliata della presenza amorevole di un figlio tanto amato troverebbe la determinazione e caparbieta’ di una donna, che di dignita’ ne ha avuta tantissima. Appena dopo la sentenza legata ai 26 anni di De Santis, la Leardi chiarisce a tutti, il senso della sua battaglia non legata al senso di vendetta, ne’ di odio: “Non provo odio perche’ l’ho perdonato“, affermazione esemplare che si spera, sia da monito, per coloro che usano parole forti e ad effetto, come il caso di questa tragedia, per ricavarne visibilita e giustizialismo a prescindere.

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