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Biografie di vita: se anche la solidarietà va in vacanza

Arriva l’estate e come ogni anno le famiglie prenotano le vacanze: tra conti, pacchetti e offerte, conteggio delle ferie e ultime spese, la prassi è sempre quella di organizzare tutto nei minimi dettagli. E ogni anno partono le migliori campagne di sensibilizzazione per impedire l’abbandono degli animali (cani e gatti), esortando l’humanitas, come direbbero gli antichi greci, anche in un momento di entusiasmo e di leggerezza come questo. Insomma, tutti si apprestano a partire, d’obbligo per chi ha lavorato tutto l’anno. Ma chi sono sempre a partire? Abbiamo mai sentito in giro che un anziano o una coppia di anziani partono per le Maldive? Eh no, la storia è inversa, sono sempre i figli a partire e i nonni a restare a casa. Ma vediamo cosa accade agli anziani quando arrivano le vacanze. Vi raccontiamo le storie di Giuseppina (72 anni), Alfonso (77 anni) e Luisa (83 anni).

mio figlio non si fa mai vedere. Si ricorda di me soltanto nei momenti in cui servono i soldi. Prima ero una persona autonoma, riuscivo a fare tutto da sola, la spesa, cucinare, pulire; ora invece sono dipendente dai miei figli. Abito al quarto piano di un palazzo antico, senza ascensore, ho difficoltà a salire e scendere. A volte mi aiuta il portiere, qualche volta la vicina di casa, ma ora tutti partono e non so proprio come fare. Ho una maschio e una femmina, lavorano tutto l’anno e ad agosto vanno in vacanza. Io sarei solo di intralcio, ci sono i nipoti. Anche nel palazzo partono tutti: a volte penso che morirò senza che nessuno possa aiutarmi. Mio marito è morto qualche anno fa. Si sentono tante cose in giro, ho paura a rimanere in casa da sola: si sentono tante cose, l’Isis, anziani vittime di imbrogli telefonici. La Pensione è quella che è, se mi tolgono pure quella..”

Giuseppina, 72 anni, abita al centro storico di Napoli

“ i miei figli vorrebbero inserirmi in una casa di riposo, dicono che è troppo pericoloso rimanere a casa da soli. Ma io non ci voglio andare, si sa come va a finire, non esci più. Io sto bene a casa, ho le mie abitudini, i miei vicini nel palazzo. Io ho tre figli, potrebbero portarmi qualche volta con loro, che fastidio posso dare? Io sono autonomo, ringranziando a Dio posso ancora camminare e lavarmi da solo”.

Alfonso, 77 anni, abita in zona Chiaia, Napoli

“Io sto inguagliata, non posso camminare, sono invalida. Mi sono rotta il femore cadendo e ora non riesco a scendere e salire , a cucinare, a lavarmi. Non esco più di casa, sono isolata dal mondo. Qualche volta arriva l’assistenza domiciliare del comune. Mia figlia sta fuori, lavora al Nord e non sempre riesce a scendere. Con la pensione non posso nemmeno prendere una badante. Nell’ospizio (RSA) non ci voglio ritornare, mi trattano male, da malata, io vorrei stare a casa con i miei familiari”

Luisa, 83 anni, abita a forcella, Napoli

     Di storie come quelle di Giuseppina, Alfonso e Luisa ce ne sono tante. Tutto questo incita a riflettere sul rapporto tra generazioni e più in generale sullo stato del Welfare del nostro paese. Il comune di Napoli, qualche giorno fa, ha promosso le agenzie di cittadinanza attiva, presenti in ogni municipalità, che si occupano di offrire alcuni servizi come l’assistenza telefonica, il pronto intervento sociale, alcune attività ludico ricreative. Volontari e operatori sociali si occuperanno di garantire l’assistenza agli anziani e ai disabili proprio per impedire gli abbandoni nelle RSA. Eppure, a volte basterebbe un sentimento diffuso di solidarietà, una maggiore collaborazione all’interno non soltanto della propria famiglia, ma anche della propria comunità di riferimento, primo fra tutti quella del condominio. Quindi prima di partire, assicuriamoci di aver preso la scelta giusta e non abbandonare una persona che ha bisogno di cure.

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