di Antonella Esposito
Ehi, Hutcheson! Cos’è quel rumore?» «E’ la stampa, bellezza, è la stampa, e tu non ci puoi fare niente.» Un dialogo che è passato alla storia, quello che chiude la pellicola del 1952 “L’ultima minaccia” di Richard Brooks. A parlare sono il mafioso Tomas Rienzi, in procinto di essere denunciato in prima pagina, e il direttore dell’immaginario quotidiano The Day, Ed Hutcheson, Sullo sfondo, il rumore delle rotative che incastreranno il boss.
L’informazione non può avere limitazioni altrimenti non è informazione. E su questa affermazione non si può che essere d’accordo. Migranti, conflitti, disagio sociale, ma soprattutto carcere e cronaca nera sono tra i punti deboli dov’è più facile cadere (per i giornalisti ma soprattutto per i lettori) nelle trappole della manipolazione o della cattiva informazione. A volte per malafede ma a volte anche per ignoranza. Si può accettare e riconoscere come giornalismo la raffigurazione di una condizione, anche se di sofferenza, ma che abbia comunque un fine sociale. Un fine che certamente non può essere quello di aumentare il numero di lettori attratti da una curiosità cinica.
Il buon Lubrano a questo punto direbbe: Salve,la domanda sorge spontanea…Che razza di giornalismo è? Quali coscienze vorrebbero scuotere certe immagini? Quali verità nascoste vorrebbero fare scoprire? Chi ha avuto la brillante idea di pubblicare certe immagini scioccanti, scritto lunghi articoli di presunti mafiosi avrebbe fatto la stessa cosa se si fosse trattato di una persona appartenente alla propria sfera affettiva? Domande scomode per chi punta al successo…
Ed ecco che quasi per incanto nei giornali il mostro è già bello. Viene creato prima della sentenza definitiva, e ahimè, la presunzione di innocenza diventa solo un remoto ricordo. Persone che senza essere stati ancora condannati sono costretti a camminare con viso cupo e chino, per vergogna dell’altrui giudizio. E se poi la stessa persona fosse innocente? Se fosse uno dei tanti casi di mala giustizia? Se erroneamente è stato solo un soggetto collocato in un mondo fatto di tanti faldoni giuridici e che in mezzo a tante parole non sussiste reato? Persone marchiate come bestie solo per fare audience!!!. Per non parlare del diritto all’oblio, obliato esso stesso dalla maggior parte dei cronisti e di conseguenza anche dai cittadini che continuano a identificare una persona con il suo delitto anche dopo che questa ha pagato il suo debito con la giustizia. Di chi è la responsabilità della pubblicazione di talune notizie? Domande scomode per chi punta al successo…
E sia ben chiaro lo sciacallaggio non ha colore politico. L’ostilità, l’odio, l’invidia, la cattiveria non sono accreditabili ad un partito, sono accostabili solo agli idioti. Sono gli uomini e le donne che sotto un articolo vomitano offese vergognose, quei leoni da tastiera che offendono chiunque in rete ma che nella vita reale sono dei conigli.
La vera informazione non deve avere limiti altrimenti non è informazione ma schieramento!!