A Napoli, l’ultima campagna elettorale amministrativa è stata oggettivamente dura, soprattutto nei 15 giorni che hanno preceduto il ballottaggio.
Da un lato, abbiamo avuto il promoter della “rivoluzione di cartone” che, contro il suo competitor, ha lanciato accuse di ogni tipo e senza avere la benché minima prova, peraltro.
Dall’altro, abbiamo avuto un imprenditore che “ci ha provato fino alla fine”, salvo doversi ridestare sotto il cielo, grigio e drammaticamente indolente, dell’astensionismo elettorale partenopeo.
In quel clima “da guerriglia” indegna, che la Giunta uscente (benchè ritualmente compulsata anche dalla magistratura competente) non avesse ancora “presentato il bilancio”, era un dato passato “quasi inosservato”. La sua recente approvazione da parte della maggioranza del nuovo Consiglio Comunale, induce (chiaramente) a ritenere che trattavasi di un vergognoso rinvio “tattico”.
Il bilancio appena approvato dalla maggioranza consiliare (preceduto dalla delibera con la quale, appena quattro giorni dopo l’esito del ballottaggio, si sono assegnati, gratuitamente, immobili pubblici a quei “Centri Sociali” che li occupavano abusivamente da tempo immemore), infatti, è una delle pagine più assurde ed indecorose che abbia (mai) scritto la politica locale negli ultimi 20 anni.
Tagli, tagli ed ancora tagli (salvo che per le “maestranze”) ed aumento della tassazione, per servizi, non soltanto carenti, ma, in certi casi, addirittura, soltanto supposti.
Immagino la tristezza dei “Napoletanos”, dei “Gigginiani”, insomma: non dovrà essere semplice ingoiare “il rospo” dei tagli al welfare per la consistenza di 130 milioni di euro complessivi (nella specie, il taglio di circa 7 milioni in materia di diritto allo studio; di 5 milioni di euro per le politiche giovanili; di 45 milioni per gli asili nido; di 18 milioni per le attività a sostegno della disabilità e di 11 milioni per i servizi socio-sanitari).
Immagino come diventi ancora più amaro, “quel boccone”, ove si consideri che la maggioranza consiliare che sostiene de Magistris, da un lato, ha destinato oltre 1 miliardo di euro per la copertura delle spese relative allo staff del Sindaco; dall’altro, ha, altresì, “condito” l’inusitata manovra finanziaria con l’aumento dell’IRPEF che sarà (conseguentemente) dovuta anche da chi avrà un reddito di (soltanto) 10.000,00 euro annui.
Non c’è che dire: proprio una bella “rivoluzione di cartone”! Ovviamente, come ogni “pacco, doppio-pacco e contro-paccotto”, i turlupinanti effetti scenici non potevano mancare. E quale poteva essere l’effetto show se non quello dell’annuncio del “reddito di cittadinanza”?
Faccio una premessa: l’idea, il concetto e la regolamentazione stessa del reddito di cittadinanza mi fanno rabbrividire. Sono la plstica evidenza di una classe dirigente che è stata incapace di cavalcare le nessità, lo svluppo e la crescita del proprio Paese… Insomma, è mai possibile che chi governa pensi (sempre) e soltanto ad imbonire le masse? E’ mai possibile che, anziché curare (e sviluppare) le premesse per uno sviluppo in senso liberale del mercato (per consentir loro di diventare artifici del proprio destino), si debbano “mantenere” le persone (in età lavorativa e perfettamente abili) “a casa” facendole vivere nella pigrizia?
Il lavoro, la possibilità di vivere un’esistenza libera e dignitosa, la stessa possibilità di avere un futuro migliore, non si creano con la legge ma con scelte (anche di piccola azione amministrativa) capaci di rimettere in moto il mercato, l’economia e la stessa fortuna del popolo.
Al netto della premessa, parecchio amara alla luce della drammatica situazione in cui versa buona parte della popolazione (la crisi economica è così pregnante che molte persone hanno “paura” e sentono il bisogno prorompente di “rifugiarsi nel paternalismo di Stato”), la “presunta” approvazione di esso Istituto da parte del Comune di Napoli, fa addirittura ridere, e non tanto dal punto di vista dell’iter (sia quello in essere che “quello a venire”), quanto nelle premesse…
Da un lato, infatti, si annuncia l’approvazione dell’Istituto; dall’altro si rinvia a futuri regolamenti volti a definirne termini e condizione di fruizione; dall’altro ancora, si annaspa nel mare del ridicolo allorquando si prova a giustificare la relativa copertura finanziarie. “Giggino”, insomma, ha sostenuto che la copertura in parola deriverebbe: a) dal “risparmio” (è stata proprio questa la locuzione usata: “risparmio”) conseguente all’incasso degli introiti “anti-evasione fiscale”; b) da fondi europei; c) da ultreonee (e non meglio) precisate “fonti di liquidità aggiuntiva”.
Ovviamente, “pensar male” è una conseguenza quasi inevitabile. Evidentemente, il fondo per il reddito di cittadinanza, attingerà anche dal flusso di cassa conseguente all’aumento dell’IRPEF.
La chiosa finale fa parecchio tristezza. Qualcuno ha scritto che “con la misura (in questione) il Sindaco, ai suoi sostenitori dei “centri sociali” (quelli, tanto per intenderci, che hanno sistematicamente occupato immobili comunali in carenza di qualsivoglia titolo autorizzativo; che sono arrivati allo scontro fisico con la Polizia in occasione dell’ultima venuta di Renzi a Napoli; che, prima hanno agito contra legem, e (poi) hanno indossato la maglietta dell’ “Antimafia sociale” collocandosi all’ingresso dei vari seggi elettorali dislocati in città – risate a frotte, insomma: l’illegalità che prova a combattere altra illegalità), da un lato, gli ha concesso, gratuitamente, il godimento dei predetti immobili pubblici per non meglio precisate “esigenze popolari”; dall’altro lato, si è (poi) preoccupato di garantirgli finanche un “sussidio”, ovviamente “pagato” anche dai napoletani meno abbienti. Il ragionamento, ovviamente, fosse anche soltanto nei termini delle ipotesi, “fila”. Il tempo “dirà” e chirirà…
Normalmente, al termine di un ragionamento, si esplicita una conclusione. Questa volta, “omissis”: i fatti “concludono” da soli… La “rivoluzione”. La “rivoluzione”. La “rivoluzione”… Ovviamente “di cartone”…