Vari sono i miti e le leggende sul Vesuvio, alcune antichissime, che hanno sempre cercato di giustificare questo fenomeno naturale. La ricerca sul Vesuvio ha dimostrato che, storicamente, il vulcano di Napoli è stato sempre molto attivo. A parte il recente periodo, la sua attività è stata sempre continuativa e prolungata nei secoli, con eruzioni più o meno distruttive. L’origine del nome stesso sembra derivare dalla lontana lingua etrusca: VES significa infatti “fuoco”, mentre secondo altre credenze il termine Vesuvio deriva da VEH SUIS, cioè “guai ai suoi”. Una prima leggenda è legata alla nascita del Vesuvio stesso : dal corpo enorme e con poteri straordinari, questo possente mago vigilava e regnava incontrastato su tutta l’area vesuviana. Lo limitava però, una gamba incastrata in una roccia. Un giorno, approfittando di un movimento della terra, riuscì a liberarsi dal macigno che opprimeva l’arto. Si aprì tuttavia una voragine da cui zampillavano lapilli, fuoco e lava: era nato il Vulcano di Napoli. Il l Vesuvio, tuttavia, non rappresenta solo fuoco e distruzione. Attraverso le sue eruzioni ha reso i terreni vesuviani ricchi, alle sue falde si produce uno dei vini più apprezzati al mondo: il “Lacrima Christi”. La leggenda su questo prezioso vino è antichissima. Dopo essere stato cacciato tra le schiere degli Angeli Celesti, Lucifero venne scagliato violentemente da Dio nel vulcano di Napoli. Gesù Cristo, dispiaciuto per la perdita del più bello e buono dei suoi Angeli, pianse e una sua lacrima cadde nell’area napoletana diventando un nettare divino e prezioso. Un altro mito ,è legato alla figura di San Gennaro .
Nel 1631 si verificò un catastrofico episodio esplosivo del Vesuvio. Oltre quattromila vittime e lapilli scagliati con forza anche a 100 km di distanza e la costa di Napoli arretrata di circa 50 metri. La popolazione nel panico, scene degne dell’Apocalisse, chiese l’aiuto di San Gennaro. L’arcivescovo rispose facendo uscire in una processione solenne il patrono di Napoli: il sangue di San Gennaro venne trovato liquefatto, premonizione di buon augurio(le altre due occasioni di liquefazione del sangue sono il 19 settembre, giorno della festa del patrono di Napoli; il sabato che precede la prima domenica di maggio per ricordare la traslazione dei resti del santo dalle dall’Agro Marciano, nella zona dei Campi Flegrei nella parte inferiore delle catacombe napoletane di Capodimonte). Per farsi un’idea del prodigio, basta ammirare la splendida tela di Micco Spadaro (oggi appartenente a una collezione privata) che ritrae l’avvenimento, di cui fu testimone oculare. Infine , esiste un’altra leggenda di amore e morte , che narra di un giovane , di nome Vesuvio, che si innamorò di una ninfa , che rubò il suo giovane cuore .
Vesuvio la corteggiò disperatamente, arrivò persino al punto di dedicarle una preghiera dolce e disperata, fu così che la ninfa si innamorò di quel ragazzo. Scoppiò l‘amore: i due amanti passavano giornate liete e spensierate in spiaggia, fino al momento in cui ,la fanciulla venne costretta dai suoi a separarsi da Vesuvio, dove venne portata in un posto segreto lungo il mare. Fu così che un giorno la ragazza uscii in mare con un piccola barca a vela e, una volta a largo si abbandonò all‘abbraccio delle acque finchè, non scomparve fra le onde. La notizia della scomparsa ,arrivò a Vesuvio che, fu sopraffatto dal dolore. La rabbia si impadronì di lui e del suo nobile cuore, e così impazzì. Pazzo, ricolmo d‘amore e di dolore, cominciò a tirare fuori degli enormi sospiri d‘ira che si tramutavano in fuoco. Anch‘egli , divenne di pietra e si tramutò in un monte dal ventre di lava e lapilli, che vomitava fuori insieme alla sua rabbia. Solo la vista della sua Capri gli regalava di tanto in tanto un pò di pace. Quando la vedeva da lontano il suo cuore si calmava , ma il dolore con il tempo si rifà vivo : quando riaffiorava, lui eruttava . Nel momento di calma ,il giovane guardava il mare: ” Quant‘è bella però la mia regina di pietra. Quant‘è bella la mia Capri”