La vicenda olimpica di quest’anno, e la competizione sportiva (anche nella sua dimensione politica, tra grandi potenze sportive, politiche, economiche, militari)è stata attraversata dalla clamorosa accusa rivolta all’organizzazione sportiva ed al suo vertice politico russe di una organizzazione da parte dello Stato della pratica del doping per le e gli atleti di vertice e della copertura dell’utilizzo di esso, proprio da parte dello stesso laboratorio antidoping centrale di Mosca; tale accusa è stata avanzata dall’Agenzia Mondiale Antidoping, definita internazionalmente Wada, dall’acronimo anglosassone del nome, la quale, attraverso il rapporto del giurista Richard Mc Laren (nominato quale persona indipendente, avendo esperienza di diritto sportivo quale membro di lunga data del Tribunale Arbitrale dello sport, ha commissionato un’indagine indipendente che ha portato come esito il rapporto, che lo stesso McLaren ha prodotto, traendone la conclusione che le squadre di tutti gli sport olimpici e paralimpici della Federazione Russa dovessero essere escluse dagli eventi olimpici in programma a Rio nell’estate di quest’anno.
Tale accusa, partita da rivelazioni ed inchieste riprese sia dalla televisione tedesca ARD, che dal quotidiano New York Times, aveva già portato ad un primo intervento della Wada, che ha riesaminato le analisi degli atleti durante le ultime competizioni olimpiche, a far data da Pechino 2008 ed aveva portato, nell’autunno del 2015, alla decisione, da parte della Federazione Mondiale di atletica leggera (IAAF il nome internazionale) ad escludere la federazione atletica russa dalle competizioni internazionali a tempo indeterminato.
La proposta non è stata accettata dal Comitato Olimpico Internazionale, il CIO, che ha lasciato aperta alla valutazione delle Federazioni dei singoli sport la decisione su chi ammettere e chi no, in base all’accertamento di casi precisamente individuati di violazione della proibizione di assumere sostanze dopanti, sulla base della decisione di “ valutare se la possibilità di un divieto di partecipazione collettivo possa prevalere sui diritti di giustizia individuale” come si legge nella nota del CIO. La IAAF ha invece confermato il bando all’atletica russa, con due sole eccezioni, su cui torneremo in seguito. Il capo della commissione indipendente della Wada, Richard McLaren, ha affermato che gli atleti russi avrebbero fatto uso massiccio di doping durante le Olimpiadi invernali di Sochi del 2014, sostenendo che i servizi segreti russi avrebbero avrebbero sostituito i campioni presi durante il test antidoping con altri campioni “puliti”, ottenuti dagli stessi atleti in data anteriore e trattati col sale per camuffare la loro autenticità, mentre in alcuni casi sarebbero addirittura stati sostituiti i campioni dell’atleta sottoposto all’antidoping con quelli di altra persona.
I nomi degli atleti risultati positivi alla successiva verifica non sono stati resi noti ancora, né il rapporto si è soffermato sulle responsabilità dei singoli, ma invece si è dato un taglio al lavoro di esame generalista della vicenda, con una precisa accusa al sistema sportivo e politico di governo dello sport russo. Si è motivata l’esclusione dell’esame delle singole posizioni, da parte di Mc Laren, con il tempo limitato a disposizione per svolgere il lavoro, 57 giorni, un lavoro di analisi prevalente sul rapporto tra i laboratori antidoping presenti in Russia ed il potere dello Stato russo, per cui non si è dato seguito, da parte di Mc Laren, all’approfondimento sulle posizioni degli atleti, che pure era oggetto del mandato ricevuto dalla Wada. Anzi nel rapporto si afferma con chiarezza che non tutti i temi di indagine sono stati svolti, ma solo quelli sui quali era più facile arrivare a delle conclusioni fondate oltre ogni ragionevole dubbio.
Così come, prendendo per assiomatica la poca credibilità del personale russo, che lavora nel settore, il quale sarebbe sottoposto a pressioni politiche, si è agito verso la Federazione Russa, come se fosse un mondo criminale compatto nella promozione e nella copertura dell’uso del doping sportivo, prendendo per buone le accuse di un “pentito”, l’ex direttore del laboratorio di Mosca, reo confesso della preparazione di uno speciale cocktail di sostanze dopanti, e di altre persone che erano nel cd. “sistema” e che hanno lasciato la Russia, adducendo di farlo, come Rodchenkov, per tutelare la propria incolumità.
“Tutti i campioni da noi verificati presentavano sembravano essere stati aperti”, ha affermato McLaren presentando i risultati della relazione in una conferenza stampa a Toronto. Ovviamente questa sua metodologia d’indagine ed anche l’affermazione che tutti i campioni “sembravano” essere stati aperti, hanno dato vento nelle ali a chi polemizza con l’inchiesta e la considera più un episodio di guerra fredda politica fatto attraverso la lotta al doping, che una genuina estrinsecazione di tale obbiettivo
Come dicevamo sopra, nell’atletica si è ammessa a partecipare alle Olimpiadi, in deroga al bando generalizzato la lunghista Klishina, che si allena stabilmente negli Usa, per cui è ritenuta estranea ai metodi di allenamento russi, ma che ha accettato di gareggiare solo in rappresentanza della Federazione Russa, e la mezzofondista Juliya Stepanova , la quale Il 26 febbraio 2016 si vide squalificata dalla IAAF per due anni in seguito ad anomalie riscontrate nel suo passaporto biologico. Tutti i suoi risultati a partire dal 3 marzo 2011 furono cancellati. Nel 2014 lei e suo marito Vitaliy Stepanov, un ex impiegato dell’agenzia dell’antidoping russa RUSADA, parteciparono a un documentario di Hajo Seppelt sulla rete televisiva tedesca Das Erste, accusando il sistema sportivo russo di fare largo uso di doping. I due dichiararono che i funzionari russi fornivano sostanze vietate agli atleti in cambio del 5% dei loro guadagni e che falsificavano i test antidoping in complicità con gli ufficiali preposti a tali controlli. Da questa intervista si è messo in piedi tutto il ciclone di inchieste da parte del sistema antidoping mondiale, che tuttora sta squassando lo sport mondiale, ma in una precisa direzione geopolitica. Alla Stepanova, che ha lasciato la Federazione Russa, lanciando contro di essa pesanti accuse, si è permesso di gareggiare come atleta neutrale indipendente. Questa decisione avrebbe permesso alla Stepanova di gareggiare “per il suo eccezionale contributo alla lotta contro il doping nello sport”, ma alla fine ella non ha gareggiato, in quanto sosteneva di essere in pericolo ,poiché è stato hackerato il suo account come persona registrata al sistema antidoping, che si chiama ADAMS, a livello intenazionale, e quindi è ora nota anche la sua residenza. Ritiene che i russi la vogliano colpire personalmente.
Il Comitato paralimpico internazionale ha invece accolto la proposta della Wada ed ha deciso di non ammettere la squadra russa alla manifestazione, che inizierà il 7 settembre. Due giorni dopo la fine delle Olimpiadi di Rio, il Tribunale arbitrale dello sport ha confermato la decisione del Comitato Paralimpico internazionale, rigettando il ricorso del Comitato paralimpico russo, il quale quindi è escluso, con tutti i suoi atleti dagli eventi sportivi che inizieranno, sempre a Rio, tra una settimana, e che sono un evento il quale sempre più si va affermando all’attenzione del grande pubblico, in parallelo con la crescita delle conquiste sociali, e dell’attenzione pubblica verso i cd. Diversamente abili, in un movimento che va crescendo in tutti i Paesi del Mondo, anche in quelli con larghe fasce di povertà diffusa. E l’esclusione del movimento paralimpico russo è stata estesa anche, in questi giorni, alle Paralimpiadi invernali di Pyeonchang 2018.
E’ DA DIRE CHE ALLE ULTIME PARALIMPIADI ESTIVE DI LONDRA “12 GLI ATLETI PARALIMPICI RUSSI SONO ARRIVATI SECONDI DIETRO LA CINA NEL MEDAGLIERE GENERALE, PRIMA DEL PAESE OSPITANTE, E CON NETTO VANTAGGIO SUGLI USA, MENTRE LA RUSSIA HA VINTO, CON NETTO DISTACCO SULLA GERMANIA,LA CLASSIFICA DELLE MEDAGLIE NETTAMENTE A SOCHI 2014.
35 i casi di atleti dopati trovati in carico alla Federazione Russa, tra i paralimpici, ma l’esclusione avviene sulla base della precisa accusa di Mc Laren che è l’intero sistema sportivo russo ad utilizzare il doping, in rapporto col Ministero dello Sport russo, ai cui vertici siede il Ministro Mutko, che è anche Presidente della Federazione gioco calcio russa e membro del Comitato Esecutivo della Fifa, la federazione calcistica mondiale. E, tra gli obbiettivi non dichiarati in primo momento, ma presenti a chi promuove l’offensiva antirussa, sembra esserci proprio Mutko, ed in particolare il fatto che egli organizzi i Campionati Mondiali di calcio 2018, che tanto stava a cuore agli Usa organizzare…
Ma facciamo il manzoniano passo indietro per definire il perché l’utilizzo di farmaci che aumentano la prestazione sportiva, o rallentano la fase di stanchezza, o creano stimolazioni ormonali siano il più grave pericolo per la credibilità della pratica sportiva, di vertice e di massa, dello sport moderno.
NICOLA VETRANO