di Vito Nocera
Fa un certo effetto vedere esultare tanti che in questi ultimi anni, pur riconoscendone intelligenza e qualita’, hanno sempre sorvolato ( o si sono espressi contro) quando qualcuno, io tra questi, osava dire che senza una scesa in campo di D’Alema difficilmente si sarebbe potuto contrastare seriamente Renzi e tentare di riaprire una prospettiva alla sinistra. Intendiamoci non e’ che la manifestazione al cinema Farnese cambia la fase o le sorti del Paese. E’ pero’ indubbio che l’ex premier possiede la capacita’ e il carisma per comunicare con una parte non poco significativa dell’Italia e del Pd. Personalmente non sono granche’ convinto della dimensione epocale dello scontro sulla riforma costituzionale. Mi sbagliero’ ma i nodi epocali a me sembrano altri. E la contesa tra si è no sul referendum mi appare troppo provinciale e molto forzata, da entrambe le parti, sui contenuti. Non mi sembra, insomma, una riforma così importante e bella ne’- pero’ – la fine della democrazia. D’altra parte non a caso Massimo D’Alema ha “politicizzato” il suo no, con quel riferimento alla necessita’ di battere il ” partito della nazione”. Serviva e serve il tentativo di dare un respiro, una prospettiva alla battaglia e in questo modo D’Alema ci e’ riuscito. Al tempo stesso il presidente di Italianieuropei nell’alludere a una possibile riforma in soli pochi articoli agili mette giusti paletti rispetto a tesi ed argomenti che nel variegato arcipelago del no appaiono troppo forzati e apocalittici. Insomma D’Alema da par suo ha rimesso su un terreno tutto politico un confronto referendario che aveva assunto un significato del tutto differente. La sua iniziativa per questo e’ molto utile. Strappa a improbabili portabandiera della difesa della costituzione la primazia del fronte del no, impedisce che destre e cinque stelle possano essere, in caso di bocciatura della riforma, i soli beneficiari di un risultato in fondo nemmeno troppo perseguito, lancia un messaggio alla minoranza interna organizzata mettendo il dito nella piaga di una fragilita’ eccessiva. In un passaggio come quello di queste settimane (il governo in difficolta’, il movimento di Grillo nel caos, Renzi intento a modificare parte della sua impostazione, non solo sul referendum, i resti di una sinistra dispersa boccheggianti ) quella di D’Alema appare quasi come una mossa da statista. E serve a dare alla fase odierna una dialettica politica piu’ certa, al no referendario una base culturale meno cervellotica e forzata, alla sinistra, Pd compreso, una carta per tentare una riconnessione sentimentale col Paese. Ho idea che, essendo Renzi tutt’altro che stupido, lo stesso premier capisca che la movimentazione di D’Alema In ultima istanza potrebbe perfino non danneggiarlo ma, a condizione di una sua seria capacita’ di dialogo e mediazione, contribuire a qualche sbocco. Alla fin fine e’ questo che credo interessi a tanti. Che il Paese non vada allo sfascio, che si riaprano spazi per una dialettica tra alternative vere ( e serie ) che si ridimensioni quella narrazione antipolitica che in questi ultimi anni ha appannato le vere questioni sociali dirompenti, alimentato indifferenza per diseguaglianze e sofferenze, mobilitato l’opinione pubblica in un clima di insofferenza nei confronti di tutto cio’ che, piaccia o no, richiede analisi e azione paziente e intelligente. Se torna, almeno un po’, a politica e se si ridimensionano quegli interessi particolari – economici e finanziari – che in fondo della crisi della politica e della democrazia stanno beneficiando il Paese, i ceti piu’ deboli e persino Matteo Renzi, avrebbero tutto da guadagnare. Se si dovesse aprire questa fase nuova che auspico, non sara’ certo Massimo D’Alema ad averla prodotta ( resto, come si sa , convinto che sono sempre principalmente i processi strutturali profondi a modificare le cose) ma suo sarebbe il merito di aver dato una bella scossa.