Un mio caro amico giornalista dopo la rivolta nel carcere minorile di Airola, dopo che viene reinvocato da esponenti politici l’abbassamento dell’età punibile, che oggi è ai 14 anni, mi sollecita a qualche considerazione a partire dalla mia esperienza trentennale con i minori a rischio, anche attrraverso l’associazione La Mansarda di cui sono presidente.
Innanzitutto occorre selezionarli quseti minori,non fare di ogni erba un fascio:ci sono quelli che evadono l’obbligo scolatico, quelli che vivono un disagio, che vivono conflitti in famiglia, che vivono un sottosviluppo economico, un vuoto culturale, di diritti negati, di politiche deboli. Ci sono i bulli che si sentono importanti e vogliono farsi notare dalla loro “comunità”. A questi ragazzi più attori sociali possono aiutarli a percepirsi come persone in grado di mettersi in gioco, reinventarsi, ritrovarsi, senza passare al secondo livello. A questi ragazzi si possono insegnare le regole di vita, il valore ugualitartio della cultura, il limite di quello che è lecito e no,la bellezza del terriorio, la passione per la vita sportiva.
Ci sono quelli che da questi contesti passano alla devianza, che vivono meccanismi di identificazione. Per un minore che cresce in una famiglia violenta,i modelli,i valori,le misure del bene e del giusto sono quelli che gli insegnano in casa e che spesso vede confermati fuori dal contesto delle mura domestiche. Questi sono pronti a trasgredire la legge nel caso in cui non la ritengono giusta. Avvertono che la camorra,la malavita è una madre severa,ma al tempo stesso premurosa. In questa fase un corso di formazione,un lavoro,un allontanamento dalla famiglia,un lavoro socialmente utile, un nuovo contesto di vita affettiva può essere un antidoto per non andare oltre.
E poi ci sono quelli che fanno il passaggio:vedono la malavita come una sorta di “comunità,sorella”,a cui sono orgolgiosi di appartenere e mitizzano le figure dei boss come eroi positivi. Passano alla microcriminalità, sanno che devono dimostrare qualcosa di importante fino al compimento della maggiore età, vivono come un orizzonte di vita il post essere minori,fare il grande salto.
E poi da un pò di tempo,nella città di Napoli più che in periferia,ecco arrivare i “baby boss”,che vogliono “volare”,sono stufi di prendere ordini,di ” strisciare per terra”,come dicono loro.Questi ragazzi hanno la morte dentro.Sono adolescenti a metà. Non hanno mai conosciuto un mondo diverso, fatto di cultura, valori, sport,affetti giovanili. Si sentono superiori ai vecchi capi della camorra. Qualche adulto, in carcere, mi ha detto: “Questi commettono reati senza investire quello che guadagnano”. Vogliono tutto e subito. Qui ed ora. La morte è l’unica pena che conoscono. Se hanno deciso di uccidere, lo fanno. Sparano nel mucchio e spesso non sanno neppure usare una pistola,uccidono vittime innocenti.
Ora senza avere la bacchetta magica,che fare,pur avendo la rabbia nel cuore,l’impotenza a risolvere le questioni,visti i numeri. Può solo il carcere essere la risposta che mette tranquillità? Tra il carcere di Nisida e quello di Airola 80 minori sono in carcere,una cinquantina sono nelle comunità convenzionate. E quella marea di denunciati,fermati,osservati dalle assistenti sociali,per gli altri cinquemila che facciamo? Vogliamo abbassare,arretrare la soglia minima di punibilità, cioè mettere in carcere un tredicenne,un dodicenne perchè è già adulto,aggressivo,violento,furioso? Una società che giudica un minore e dopo averlo giudicato lo mette in carcere è una società malata che sta giudicando se stessa e la propria malattia,il prorpio fallimento. Sottrarre un minore a un contesto familiare che incanala la sua vita ad un destino di illegalità,di devianza ed antisocialità è in astratto giusto e doveroso,ma occorre farlo prima del reato e del reato grave.
In Campania dal 1987 abbiamo la legge regionale 41/87 sugli adolescenti,la cosidetta legge Edoardo che istituisce villaggi artigianali,corsi professionali per minori,iniziative di sostegno culturale.Dopo i primi finanziamenti fino al 1995 è ferma. Vogliamo ricordare il progetto ‘Nisida Futuro Ragazzi’. Almeno all’inizio pareva viaggiare col vento in poppa. Protocolli roboanti, tagli di nastri, visite di presidenti della Repubblica,autorità locali, sorrisi e bei discorsi da dispensare a fotografi, telecamere e giornalisti. Vogliamo parlare della chiusura della comunità filtro “Il Ponte” di Nisida, luogo che intercettava, emarginava le prime ferite,aiutava i giovani a ritrovarsi. Occorre ripensare,a livello ministeriale, a quelli che stanno nelle carceri minorili non come a delle persone che vivono il disagio e la devianza,ma la microcriminalità e quindi avere con loro altri metodi di intervento educativo e valoriale.Si entra in carcere minorile per reati gravi,anche associativi.
Diciamo la verità lo Stato ha abdicato al suo ruolo educativo,ha arretrato posizioni,non investe in politiche sociali,sui minori,non fa politiche di prevenzione,di diritti per gli adolescenti.I minori non votano.
Occorre sicuramente liberare i minori ed educare gli adulti.