Cultura

L’ABECEDARIO DEI SOCIAL NETWORK: Dipendenza

Una recente inchiesta sul rapporto tra bambini e adolescenti e strumenti digitali riporta questi dati. Un bambino britannico di 7 anni ne ha già trascorso uno vicino ad uno schermo. Un bambino americano di 8 anni passa 8 ore al giorno con i media elettronici. Un ragazzo tra i 13 e 17 anni negli USA spedisce 3364 sms al mese di cui 34 al giorno dopo aver spento la luce di sera. In Italia l’81 per cento dei tredicenni si collega a Internet tutti i giorni. Per il 12% collegarsi a un social network è la prima attività dopo il risveglio e per il 35% l’ultima prima del sonno.
Secondo gli ultimi dati della Società di pediatria, il rapporto tra adolescenti e Internet è sempre più privato (il 71% dei tredicenni si collega alla rete con il proprio telefonino) e lontano dal controllo dei genitori. Il 46% degli adolescenti passa da 1 a 3 ore al giorno sul web e il 26% supera le tre ore. Per 6 giovani su 10 Internet è “irrinunciabile” e 1 su 4 senza i suoi amici virtuali “si sente solo”. La migrazione dal computer al telefonino impedisce ai genitori di rendersi conto del tempo trascorso dai figli sui social network. E’ anche agevole l’uso notturno, che ruba ore preziose al sonno dei ragazzi.
Negli Stati Uniti secondo una ricerca della Kaiser Family Foundation, i genitori hanno ormai abdicato al loro ruolo di controllo, due su tre non impongono nessuna regola sull’uso di tablet, telefonini, e videogiochi. E una ricerca di pochi mesi fa dell’ospedale Einstein di Philadelphia ha trovato che il 36% dei bambini inizia a maneggiare un telefonino o un tablet ancor prima di aver compiuto un anno.
Questa la situazione. Ogni lettore farà le sue riflessioni.

Doxa e epistème

Il pubblico di Facebook non è più composto, come all’inizio, solo da giovani perditempo ma anche da casalinghe, impiegati, operai, professionisti vari; i politici poi lo ritengono un canale di comunicazione imprescindibile per un contatto immediato con la gente, presentandolo come uno strumento di democrazia, una sorta di piazza (virtuale) aperta alla libera espressione di tutti.. E forse la definizione più azzeccata che si può dare di questo e altri social è proprio quella di luogo sempre disponibile per la chiacchiera, esattamente come lo erano i portici o il Bar Sport o la piazza nei centri di ogni dimensione, dove uomini e donne dei più disparati ceti e mestieri esprimevano giudizi, opinioni e sentenze su qualunque tema e soprattutto su argomenti dei quali non avevano la minima conoscenza e competenza. E così, dando uno sguardo ai vari post, dovremmo considerare che tutti sono analisti politici, critici letterari e cinematografici e sparano con perentorietà e con argomentazioni banali e pregiudizievoli i loro giudizi, spesso pieni di rabbia nei confronti di persone esperte, ricercatori e autori di libri. Una totale confusione e sostituzione di quelle che i greci definivano “doxa” e “epistème”. La prima indica semplicemente una opinione soggettiva che ognuno può farsi ed esprimere su un particolare argomento, attinente ai più vari campi del sapere; la seconda definisce una conoscenza certa, approfondita e documentata che ha richiesto anni di studi e ricerche.
Ne consegue che lo scambio comunicativo si riduce alla forma della “discussione”, che è la tipologia di comunicazione attraverso la quale si vuole semplicemente imporre la propria opinione all’interlocutore senza ascoltare le sue ragioni o almeno senza prenderle in considerazione con la disponibilità a modificare il proprio punto di vista.
Quando poi la discussione tocca argomenti storico- politici, a prevalere sono i giudizi ideologici o di parte, formatisi in seguito alla ricezione acritica di informazioni manipolate e strumentalizzate dalle fonti, che si acquisiscono come verità storicamente accertate. L’opinione è messa sullo stesso piano della conoscenza e presentata come verità che si oppone all’altra. Il “dialogo”, che è lo strumento attraverso il confronto aperto di costruire un significato, allora diventa impossibile.

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