Sono arrivati dall’Ucciardone e da Opera, da Poggioreale e da Regina Coeli: è la geografia delle carceri italiane quella che si ricompone nelle prime file di San Pietro. E ci sono anche rappresentanti delle persone recluse all’estero: dodici i Paesi che hanno accettato la richiesta di far espatriare i carcerati per permettere loro di incontrare il pontefice. Ma è ovviamente dall’Italia che si registra un afflusso notevole, iniziato già a ridosso delle 7, prima che si aprissero i varchi. Vengono con i cappellani, i volontari, i familiari. Le dodici dell’istituto femminile di Rebibbia passano sotto la Porta Santa accompagnate dalla direttrice dell’istituto penitenziario. Sedici arrivano invece della casa di reclusione di Milano Bollate, dieci da Cosenza, e tra loro un detenuto avanza tenendosi per mano con la moglie.
Il Papa chiede ai governi “un atto di clemenza” per i carcerati. “In modo speciale, sottopongo alla considerazione delle competenti autorità civili – ha detto Papa Francesco dopo l’Angelus – la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento”. “In occasione dell’odierno Giubileo dei carcerati – ha detto il Papa dopo la preghiera dell’Angelus -, vorrei rivolgere un appello in favore del miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri in tutto il mondo, affinché sia rispettata pienamente la dignità umana dei detenuti. Inoltre, desidero ribadire l’importanza di riflettere sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva, ma aperta alla speranza e alla prospettiva di reinserire il reo nella società. In modo speciale, sottopongo alla considerazione delle competenti autorità civili di ogni Paese la possibilità di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza – è il preciso appello del pontefice – verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento”.
“A volte – ha detto Francesco durante l’omelia della messa per il Giubileo dei detenuti in San Pietro – una certa ipocrisia spinge a vedere in voi solo delle persone che hanno sbagliato, per le quali l’unica via è quella del carcere. Non si pensa alla possibilità di cambiare vita, c’è poca fiducia nella riabilitazione. Ma in questo modo si dimentica che tutti siamo peccatori e, spesso, siamo anche prigionieri senza rendercene conto. E’ chiusa in cella anche la persona che ha pregiudizi o falsi idoli. Quando si rimane chiusi – ha detto il Papa – nei propri pregiudizi, o si è schiavi degli idoli di un falso benessere, quando ci si muove dentro schemi ideologici o si assolutizzano leggi di mercato che schiacciano le persone, in realtà non si fa altro che stare tra le strette pareti della cella dell’individualismo e dell’autosufficienza, privati della verità che genera la libertà”.