L’Anfiteatro Flavio è uno dei due anfiteatri romani esistenti a Pozzuoli e risale alla seconda metà del I secolo d.C. Venne realizzato per far fronte all’incremento demografico di Puteoli, che aveva reso inadatto il vecchio edificio adibito per spettacoli pubblici in età repubblicana. Secondo solo al Colosseo e all’anfiteatro Campano in quanto capacità di capienza, sorge in concomitanza della convergenza di due vie principali, la Via Domitiana e la via per Napoli . Oggi si trova a poche centinaia di metri dall’attuale linea di costa, nel centro di Pozzuoli, e dista pochi passi dalla stazione ferroviaria di Pozzuoli Solfatara. Le origini di Pozzuoli, colonia marittima chiamata Puteoli, hanno antichissime radici affondate nelle pagine dei libri di storia: nel 531 a.C. approdarono presso le coste puteolane alcuni profughi di Samo che, sfuggiti alla tirannide di Policrate, fondarono con il consenso di Cuma, la città di Dicearchia, etimologicamente in greco “giusto governo”; fino a oggi il termine Dicearchia viene ritrovato solo in un’unica fonte scritta e perciò pervenuta fino a noi, ma della “presunta città” non è stata rinvenuta una sola pietra. Secondo gli studi di Charles Dubois, uno dei più illustri studiosi della storia antica di Puteoli, si è fatta avanti un’ipotesi: i contatti tra i Sami e i Cumani che erano originari di Calcide, furono verosimilmente facilitati dal ricordo delle vecchie tradizioni di amicizia che esistevano tra Samo e Calcide. Quest’amicizia s’era manifestata durante la lotta che mise alle prese le città euboiche di Eretria e di Calcide nella seconda metà del VII secolo, lotta provocata dalla rivalità delle due città in relazione ai loro rapporti commerciali in Oriente e in Occidente. In questa guerra che ebbe carattere internazionale o interellenico, i Sami si posero accanto a Calcide. L’amicizia dei Sami, dei Calcidesi e delle colonie euboiche dell’Italia e della Sicilia, ebbe certamente peso sulla fusione che si operò tra le genti di Cuma e i fuggiaschi di Samo. Per cui Dicearchia visse alle dipendenze di Cuma e difese con essa l’ellenismo della Campania, contro i popoli nemici, prima contro gli etruschi e poi contro i sanniti. Essendo piena di abitanti fu necessario progettare la costruzione dell’Anfiteatro Flavio, secondo alcune tesi voluto direttamente dall’imperatore Nerone, come confermano alcune fonti scritte: secondo alcuni studiosi, la presenza di muratura realizzata con la tecnica dell’opus reticulatum, anche se presenti laterizi, farebbe pensare a una sua realizzazione dal 37 al 68; la “paternità” di Nerone poi probabilmente venne dimenticata per un processo di damnatio memoriae; l’Anfiteatro Flavio è stato anche attribuito agli stessi architetti del Colosseo, mentre altri testi riportano la sua edificazione sotto Vespasiano e la sua inaugurazione probabilmente avvenne sotto Tito. Il ritrovamento di un’iscrizione epigrafica che recita Colonia Flavia Augusta/Puteolana pecunia sua e la tipologia edile dell’anfiteatro puteolano, del tutto simile a quella del Colosseo a Roma, darebbe conferma per una collocazione cronologica del monumento in età Flavia, da qui quindi il suo nome. Il colosso Flavio di Pozzuoli poteva ospitare fino a 40mila spettatori che ivi si recavano per assistere ai ludii gladiatores; lungo il perimetro della grande arena e sulla “fossa scenica” si aprivano le botole rinchiuse con assi di legno durante i combattimenti: da qui le belve feroci facevano il loro ingresso; erano soprattutto tigri e leoni che venivano importate dall’Africa appositamente per orchestrare i combattimenti con i gladiatori, di solito schiavi o prigionieri di guerra provenienti dai paesi conquistati dai Romani nelle loro campagne militari. Ancora oggi durante una visita, nei sotterranei (posti a circa 7 m di profondità) è possibile scorgere parti degli ingranaggi e dei sistemi meccanici per il sollevamento delle gabbie che imprigionavano le fiere e altri elementi che servivano per le scenografie. L’Anfiteatro Flavio è anche lo scenario dove avvennero i primi miracoli: nel 305 d.C. i martiri Gennaro, Festo, Desiderio e Sossio vennero condannati a essere sbranati, ma le belve si ammansirono. La struttura di pianta ellittica misura 149 m per 116 m. La facciata esterna, che comprendeva tre ordini di arcate sovrapposte poggianti su pilastri e sormontati da un attico, era in origine preceduta da un portico ellittico impiantato su di una platea di lastroni in travertino, i cui pilastri in piperno erano ornati da semicolonne rinforzate con altri grandi pilastri in laterizio; all’interno dell’arena si accedeva mediante i quattro ingressi principali o attraverso altri dodici secondari. La cavea era divisa in tre livelli di gradinate (ima, media e summa ) ed era proprio sugli scalini che si accomodavano gli spettatori. Ancora oggi questo gioiello di Pozzuoli, accoglie tantissimi turisti e appassionati di storia che camminano lungo i suoi due semiassi, totalmente immersi in un fantastico viaggio a ritroso nel tempo.