Nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne il Presidente della Camera Laura Boldrini ci ha reso partecipi – dal suo profilo Facebook e con tanto di pubblicazione di nomi e cognomi – della sequela di insulti e volgarità di cui è sistematicamente bersagliata.
Lo ha fatto – a suo dire – perché chi si esprime in modo così squallido e sconcio deve essere noto e deve assumersene la responsabilità. In effetti il termine “puttana” troneggia come il più elegante nella lista delle offese ricevute. Un’ignominia che conferma il degrado del nostro modello sociale amplificato dall’anarchia linguistica, culturale e morale che pervade il mondo dei social network.
E’ venuto il momento di chiedersi se tale anarchia non rischi di fare a pezzi lo spirito sul quale si fonda il primo comma dell’art. 21 della nostra Costituzione. A beneficio dei giovanissimi lo ricordo: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Una libertà di espressione che nulla ha a che vedere con pulsioni sessiste e fanatiche che rimbalzano sulla piattaforma digitale più utilizzata al mondo. Condivido fino in fondo la posizione della Boldrini. Perché Internet e i social sono un bene grandioso, a patto che si sappia contenerne il perimetro. La celebre frase di Martin Luther King “la mia libertà finisce dove inizia la tua” risuona prepotentemente attuale.