Online e Offline
“Tutti noi a intermittenza, ma anche contemporaneamente, viviamo ormai in due universi distinti: online e offline”: inizia così un articolo del sociologo polacco Zygmut Bauman, che analizza le differenze tra i due mondi, difficilmente conciliabili, con un richiamo al singolo individuo, immerso in entrambi, cui spetta il compito di risolvere i conflitti che sorgono tra di essi e delimitare ambiti circoscritti di applicabilità per ciascuno dei due.
Tra i due universi tende ad esserci un traffico intenso ed ininterrotto. Navigare per Internet, stare su Facebook comporta molteplici vantaggi: non può accadere, ad esempio, che qualcuno si senta solo, messo in disparte, respinto, scaricato; sempre, ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette, qualcuno da qualche parte sarà sempre pronto a ricevere un messaggio e a rispondere ad esso.
Ma ci sono anche perdite, a cominciare quelle che affliggono le nostre facoltà mentali; prima di tutto “le quattro capacità ritenute indispensabili per trovare uno spazio fondamentale per la ragione e la razionalità, per dispiegarvisi e realizzarsi appieno: attenzione, concentrazione, pazienza e la possibilità di durare nel tempo”. Quando ci irritiamo per la lentezza del nostro computer, perché per la connessione a Internet ci vuole un minuto, significa che ci stiamo abituando ad aspettarci sempre risultati immediati. “ Desideriamo un mondo sempre più simile a un caffè istantaneo”. Stiamo perdendo la pazienza, è in calo rapidamente il periodo di tempo in cui siamo in grado di tenere desta la soglia di attenzione, l’abilità a restare concentrati per un tempo prolungato, senza la quale non si possono ottenere grandi risultati. Da ciò altri danni: il calo e la dispersione dell’attenzione; la graduale riduzione della disponibilità ad ascoltare l’altro e a comprenderne le ragioni; la mancata determinazione ad “andare al cuore della faccenda”, dato che nel mondo online le informazioni sono trasmesse visivamente e / o acusticamente; un declino della capacità di dialogo, che non è la discussione attraverso la quale ognuno vuole imporre il suo punto di vista, ma uno scambio attraverso il quale siamo disposti a modificare la nostra opinione e a costruire un significato comune: il danno inferto alla memoria, oggi sempre più spesso trasferita e affidata ai server, invece che immagazzinata nel cervello.
Rileviamo infine l’impatto di tutto ciò sulla natura stessa dei rapporti umani. Allacciare e interrompere legami online è più comodo che farlo offline. Non comporta promesse né particolari obblighi a lungo termine né promesse né responsabilità reciproche. Tutto può risolversi in un gioco.
Pagina di carta e pagina su web
Nel saggio Contro il colonialismo digitale Roberto Casati esprime un’idea di fondo: le due pagine, quella di carta e quella su web, non si equivalgono per vari motivi, tra i quali uno fondamentale: la pagina cartacea invita al silenzio e alla concentrazione, la pagina web invita alla connessione e alla deconcentrazione. E’ questa osservazione che fa dire allo scrittore inglese Sebastian Faulks che le nuove generazioni saranno le prime in cui i figli a causa della tecnologia soffriranno una perdita di saperi e conoscenze rispetto ai loro genitori. In che senso?
La spiegazione è nel fatto che i giovani hanno accesso al sapere semplicemente premendo un pulsante, ma allo stesso tempo oggi non hanno più bisogno di “catturarlo”. In che cosa consiste la cattura tradizionale del sapere? In una esperienza di apprendimento consistita certamente nel confronto con i maestri, ma anzitutto un immergersi in un mare di libri. Come scrive Maurizio Ferraris, “una delle cose più importanti che può insegnare la scuola è la pratica della biblioteca, perché richiede anzitutto la concentrazione, che è la condizione da cui possono venire tante cose, quali ad esempio capire che è meglio tacere, meditare, esitare, invece di postare lì per lì le nostre pensate; oppure il sospetto che tutti i libri che abbiamo sottomano nel web non sono che la punta emersa di un iceberg che rimane invisibile se non si accede al silenzio della biblioteca. Ora invece con l’introduzione del tablet nelle scuole la deconcentrazione è garantita e istituzionalizzata”.
Le conclusioni del filosofo italiano sono due: la prima, pessimista, è quella che “ il web esercita una funzione superficialmente democratizzante, ma nel fondo classista, perché accresce il divario tra chi è cresciuto in una casa con libri e chi è cresciuto in una casa senza libri, visto che la scuola e l’università sembrano aver abdicato alla cultura cartacea. Quella ottimista è che non si tratta di un destino. La tecnica non è una fatalità, ma una possibilità. Alle sue derive si può resistere. E soprattutto la tecnica si può cambiare e integrare, promuovendo un ideale di cultura che tenga insieme il meglio della carta e il meglio del web”.