La sfogliatella nacque nel convento di clausura di Santa Rosa, sulla costiera amalfitana, tra Furore e Conca dei Marini. Un giorno di 400 anni fa, la suora che si occupava della cucina, per non buttare la semola avanzata cotta nel latte, ci aggiunse un pò di frutta secca, zucchero e liquore al limone. “Potrebbe essere un ripieno“, disse. Allora preparò due sfoglie di pasta, di cui a quella superiore le diede una forma ‘a cappuccio di monaco’ e vi sistemò il ripieno. La Madre Superiora, avendo subito fiutato l’affare, decise di far mettere i dolci sulla classica ruota in modo da venderli ai villici che in cambio vi lasciavano qualche moneta. Il dolce trasse il nome proprio dalla Santa del convento e fu diffuso in tutto il territorio. La Santarosa, arrivò a Napoli solo nei primi dell’ 800, per merito del pasticcere Pasquale Pintauro, che aveva una bottega in Via Toledo di fronte a Santa Brigida. Non si sa come Pintauro sia entrato in possesso della ricetta originale, però la modificò eliminando la protuberanza superiore a cappuccio di monaco. Nacque così la sfogliatella, la “riccia”, a forma di conchiglia triangolare e nella sua versione più nota. Da tempo la città di Napoli e Conca dei marini si contendono la “paternità” della sfogliatella. Gli studi del Prof. Alfonso Gambardella non sembrano accontentare i tanti napoletani che ancora rivendicano la paternità della Santarosa. Probabilmente la ricetta originaria, nata nel convento conchese e che prevedeva un ripieno di crema pasticcera e amarena è stata modificata una volta giunta a Napoli, nella versione che tutti conosciamo. Ma che importa dove sia nata? Riccia, frolla ,con la crema o con la semola, la sfogliatella è sempre una poesia .