Non ci è possibile girare le spalle ai tanti motivi di preoccupazione di questo Natale, sebbene il desiderio di condividere giorni di serenità con le persone più care resta incancellabile, e prevale, nel segno del bene e della gioia portata nel mondo da un Bambino. Ma è proprio nella estrema vulnerabilità di Dio che si fa piccolo e quasi invisibile in un borgo periferico del mondo affidandosi inerme alle mani degli uomini che vediamo l’incancellabile segno del Natale, anche quest’anno, anche tra notizie che sembrano incompatibili con la luce della Notte Santa.
Il Papa ce l’ha appena ricordato, nell’udienza generale di mercoledì, ed è utile rileggerlo per ripassare – se occorre – il senso vero del Natale cristiano: «Quando si parla di speranza – ha detto Francesco – spesso ci si riferisce a ciò che non è in potere dell’uomo e che non è visibile. In effetti, ciò che speriamo va oltre le nostre forze e il nostro sguardo. Ma il Natale di Cristo, inaugurando la redenzione, ci parla di una speranza diversa, una speranza affidabile, visibile e comprensibile, perché fondata in Dio. Egli entra nel mondo e ci dona la forza di camminare con Lui: Dio cammina con noi in Gesù e camminare con Lui verso la pienezza della vita ci dà la forza di stare in maniera nuova nel presente, benché faticoso. Sperare allora per il cristiano significa la certezza di essere in cammino con Cristo verso il Padre che ci attende.
La speranza mai è ferma, la speranza sempre è in cammino e ci fa camminare. Questa speranza, che il Bambino di Betlemme ci dona, offre una meta, un destino buono al presente, la salvezza all’umanità, la beatitudine a chi si affida a Dio misericordioso». Dio viene per ricordare a tutti che ogni uomo, da quella Notte di Betlemme, ha ragione di sperare.