L’angoscia per i morti del terrorismo ( non abbiamo finito di contare le vittime di Berlino che arrivano quelle della Turchia) spingerebbe allo sconforto piu’ disperato e smarrito.
E’ ormai chiaro che tutti i passati equilibri del globo sono scossi alle radici e che per ricostruirne di nuovi serviranno tempo e conflitti ( speriamo i meno cruenti e violenti possibili ).
Per questo serve, pur nell’angoscia, provare A ragionare e a pensare.
Anche a partire da qui dove viviamo. Una Italia complessa che fatica ogni giorno di piu’ a trovare lo spazio e l’identita’ che pure per decenni aveva saputo ritagliarsi nel mondo.
Che si vada al voto subito o un po’ piu’ avanti il nodo non cambia di troppo. Chi e come sara’ chiamato a governare il Paese dentro un tornante così tanto inedito e insidioso della sua storia e nella crisi drammatica che avvolge il riassetto geopolitico in atto del mondo.
Il compito e’ da far tremare vene e polsi, eppure in tanti si illudono di poter , con qualche semplificato programma selezionato in rete, affidare l’impresa a qualche giovanotto compito costruito in provetta. Che sia una pericolosa illusione basterebbe l’esempio di Roma a provarlo.
Purtroppo non e’ che da sinistra vi siano troppe cose capaci, come e’ necessario assolutamente, di cambiare la scena. Parte dei democratici di minoranza a cose intelligenti sembrano unire obiettivi che non escludono risse con Renzi. L’ex premier dal canto suo coltiva una rivalsa per la quale credo ormai non vi siano piu’ le condizioni, almeno nella versione integrale a cui sembrano aspirare Matteo Renzi e il suo gruppo.
Sinistra italiana si avvia a un congresso diviso sull’antico dilemma delle alleanze e dei rapporti a sinistra. Infine, i resti di chi si invento’ il maldestro tentativo di Ingroia ( residui di Rifondazione, frammenti di giustizialismo di sinistra, figure locali come De Magistris ) piuttosto smarriti e forse avviati a nuove e velleitarie imprese da decimali modesti.
L’unica idea un po’ meno autolesionista( anche se forse avanzata con un eccesso di politicismo ) quella di un campo largo che per brevita’ si attribuisce a Pisapia ma sappiamo essere anche di parti di sinistra italiana e di minoranza pd, e’ stata fatta bersaglio di critiche fioccate come la neve sugli Appennini d’inverno.
Intendiamoci, chi pensa a riesumare un nuovo ulivo per trovare ruolo e consensi vaneggia.
Quel mondo non c’e’ più. Stava dentro un progetto di centro sinistra mondiale, agli albori della globalizzazione, con un diverso assetto geopolitico del mondo e, da noi, con una transizione che ancora non aveva consumato credibilia’ di classi dirigenti e rappresentanze politiche.
Oggi al conflitto tra i campi tende a sostituirsi un conflitto nei campi ( vediamo o no che gli Usa di Trump si preparano ad andare a braccetto con componenti politiche russe piuttosto che col gruppo di Obama?) . E cio’ rende piu’ probabili nuovi bagliori sia di guerra sia di terrore. E ingigantisce un nodo migranti che esiste. Ma che pure sarebbe stato piu’ grave senza la parte ” buona” della globalizzazione che ha riequilibrato il rapporto tra Paesi poveri e ricchi consegnando centralita’ a Paesi nuovi , soprattutto alla Cina. La grande crisi della contemporaneita’ sottrae le scelte economiche essenziali alla dimensione politica e statuale logora la democrazia politica fin quasi allo strappo. Se a tutto cio’ aggiungiamo le sfide epocali che investono il campo strategico di comunicazione e informazione ( Orwell e Solzenicyn – ha scritto Garton Ash – smascherarono le menzogne di Goebbels e Stalin perche’ non dovremmo riuscire noi a smascherare le bufale in rete ) il quadro e’ completo.
In un quadro così ha un senso discutere solo se si e’ disponibili a cambiare tutti. Senza indugiare su troppi distinguo. Fa bene D’Alema a evidenziare come la sinistra piu’ che poter cavalcare l’antipolitica ne sia in realta’ diventata il principale bersaglio. Così come occorre prenderere atto che la visione tutta ottimista dell’economia globale si e’ rivelata fatale. Non sara’ facile ma ripartire da diseguaglianze e lavoro e’ una strada obbligata. Da noi e in Europa. Paesi ricchi dove la globalizzazione, che ha dato impulso a protagonisti e continenti nuovi, ha invece scavato nuove contraddizioni.
Proprio l’ Europa rischia di essere la vittima piu’ illustre del nuovo ordine mondiale. Con quali sinistre conseguenze, in un’area che appena una ottantina di anni fa ha conosciuto i totalitarismi e la guerra, e’ facile immaginare.
In un contesto così non puoi ne’ disinteressarti all governo ne’ pensare che tutto vada fatto in funzione di esso. Occorre la forza e la saldezza per una battaglia di lungo periodo e servono culture politiche e pensieri politici forti.
Il campo da ricostruire non e’ solo quello di una proposta di governo, serve reincrociare il Paese, le sue organizzazioni sociali residue, le sue classi slabbrate, trovare connessione con giovani generazioni che vivono la globalizzazione del web nel bene e nel male. Parlare alle diverse parti d’Italia sapendo che c’ e’ una frattura storica cui si aggiungono altre e inedite divisioni. E occorre aprire la campagna per la democrazia. La crisi della rappresentanza c’e’ e vanno ideate forme sociali e istituzionali per recuperarla al consenso, chiamando le cose col loro nome e senza concedersi a mode. Senza rappresentanza non c’e’ pluralismo politico e senza pluralismo politico la democrazia non esiste. Altro che storie.
A tutte queste cose dovremmo pensare e badare in questo 2017, cambiando tutti, Renzi compreso, l’agenda politica che avevamo tracciato. Non e’ detto che riusciremo, ma almeno avremo ritrovato dignita’ politica e dato battaglia. Diversamente il Paese , temo, puo’ dirsi perduto a se stesso.