di Gianni Pittella, europarlamentare Pd
Ciò che è’ avvenuto nel mondo e che continua ad avvenire non può non far riflettere e non può non determinare una autocritica e un cambio nella strategia della famiglia socialista e progressista mondiale.
Ieri si è insediato Trump e la sua presidenza si connoterà per l’isolazionismo geopolitico e il protezionismo commerciale.
L’altro ieri nel Regno Unito ha vinto la Brexit spinta dalla paura verso gli immigrati e il desiderio di auto isolamento.
In questi anni è’ cresciuto in europa un fronte variegato di scetticismo che si è’ progressivamente trasformato in un vero e proprio attacco alla Unione Europea, ai suoi principi, ai suoi valori.
Questo movimento si nutre del sentimento di paura verso migranti e rifugiati,di venature di odio e di xenofobia ma anche della delusione e della sofferenza di chi è stato lasciato indietro dalla globalizzazione.
Anche a sinistra ,nel campo,socialista e progressista,abbiamo avuto letture parziali e superficiali della globalizzazione;è risultato che
non è vero che il pensiero unico liberaldemocratico sia pensiero universale
non è vero che la globalizzazione crea solo diritti
non è vero che il libero mercato è governato da una mano invisibile in grado di orientarlo per garantire insieme alla crescita la coesione sociale
non è vero che la deregulation e le privatizzazioni portano ad una giusta redistribuzione della ricchezza e delle opportunità di accesso al benessere
non è vero che la crisi della sovranità dia luogo ad una maggiore protezione dei diritti umani ,nè facilita un regime cooperativo della sicurezza in cui tutti sono consumatori e produttori di sicurezza.
L’errore compiuto dalla sinistra è stato quello di avere ritenuto dopo la fine del comunismo questo scenario inevitabile ,sacrificando unaparte importante del proprio patrimonio identitario .
Capire questi errori significa confrontarsi coi nuovi scenari recuperando identità e valori socialisti senza sconfinare nel passatismo e senza chiudersi alla innovazione.
Significa ricordare che esiste una destra e una sinistra,perché non siamo tutti uguali,perché la destra in europa e nel mondo è’ portatrice di una visione liberista e rigorista,isolazionista e insensibile alle questioni sociali ,al tema dei diritti ,alla questione ambientale e alla esigenza di giustizia, e la sinistra è’ e deve essere portatrice di politiche di equità e di crescita,di investimento per il lavoro e la dignità delle persone,di lotta al cambiamento climatico,di transizione energetica,di un nuovo alfabeto di diritti che ponga al primo posto la persona umana,senza distinzioni di colore,di fede,di sesso,di provenienza territoriale.
Ridare fiato a questa sana dialettica democratica , che non esclude forme di cooperazione su singoli dossier , è’ il senso vero della battaglia politica che abbiamo aperto nel parlamento europeo,una sfida che va ben oltre l’esito peraltro assai lusinghiero della mia candidatura alla presidenza del parlamento.
La fine della grande coalizione non è’ una scelta solo istituzionale ma politica e culturale.
È’ l’inizio di una fase nuova che dovrà portare ad una grande alleanza progressista che recuperi i referenti sociali che hanno preso la strada dell’astensione o dell’antisistema.
È’ anche il modo migliore per ricacciare in un angolo le forze distruttrici e antieuropee che ci hanno presentato come un tutt’uno indistinto, il sistema del male, l’europa del consociativismo e dell’inciucio proteso alla difesa delle lobby finanziarie e incapace di risposte vere ed efficaci alle grandi sfide che toccano la vita dei cittadini e delle famiglie europee.