E ora che la decisione e’ presa resta sulle gambe e l’intelligenza di ognuno far vivere nel cuore del Paese le ambizioni di questo progetto nuovo.
E’ una sfida difficile, nel pieno di una crisi storica che investe gli assetti che avevano caratterizzato il mondo, almeno dalla caduta del muro a Berlino. Li qualcuno si spinse a parlare di ” fine della Storia”, oggi prende atto che nulla arresta il divenire delle cose, il processo storico continua. La modernita’, così come l’abbiamo incrociata, lascia il passo a qualcosa di inedito che segna in termini nuovi strutture civili e destini umani.
Ne’ il lavoro, ne’ l’impresa, ne’ lo Stato – nazione sono piu’ uguali a se stessi. Avevano segnato l’intero novecento, e modellato, dopo la modernita” mostruosa degli anni ’20 – ’30, e della guerra, in specie in Europa , l’era della democrazia politica e dell’inclusione sociale. Quel mondo ,gia infragilito dopo l’89, davvero non c’e’ piu’. E cio’ che sta oggi sul campo e’ sottoposto dallo spirito del tempo a una pulsione di rovesciamento totale, quel vento di rivalsa e rivolta che ci fa correre rischi inimmaginabili solo pochissimi anni fa.
Non e’ la prima volta che affiora con tanta potenza il tema della sovranita’ dello Stato. E l’economia ha gia’ avuto ( in forme diverse ovviamente ) altre stagioni di interdipendenza. La reazione, anche allora prima ancora che politica e sociale psicologica, segno’ l’Europa col marchio dei fascismi e della guerra.
Nei giorni scorsi parlando a una platea di giovanissimi mi e’ capitato di indicare loro tra le mie mani un libro, era ” Il Gattopardo” , classico della letteratura italiana e meridionale. Non tanto per riproporne la consueta lettura di un certo trasformismo, ma per segnalare , a dei giovanissimi con tra le dita cellulari ultramoderni, che siamo a un nuovo passaggio d’epoca in cui un sommovimento geopolitico gigantesco sta modificando le coordinate, non solo economico – sociali ma anche culturali ed emotive , dello spazio che un tempo definivano Occidente. Il quadro con cui fare i conti oggi deriva dall’intreccio, a tratti perverso, di questi due grandi flussi. Da un lato il mondo globale con gli squilibri e le contraddizioni che alimenta, dall’altro la imperiosa rivolta alle amare conseguenze di cio’ ,priva pero’ di un orientamento razionale che ne impedisca lo scivolamento in una nuova barbarie della storia.
E’ qui, in questo passaggio drammatico e strettissimo, che si misura anche da noi la soggettivita’ politica che prova a dare risposta a tutto questo. Fa torto a se stesso chi insinua che l’esperienza messa in campo raccolga solo istanze di nostalgia. E’ tutta l’Europa che vede socialisti e sinistre arenati a risposte del tutto prive di efficacia. Perfino forze democratiche del campo conservatore come la Merkel fanno fatica a reggere l’urto. In fondo esercitavano in piena sovranita’ sul proprio territorio le mediazioni sociali che lo Stato moderno rendeva possibili. Grandi opzioni che poteri reali assumono per la direzione da dare alle cose non stanno piu’ oggi nelle forze di cui lo Stato nazione dispone. A ben vedere il travaglio di democratici e sinistre e’ persino il segno di forza intellettuale e morale. Gli altri, chi finge di avere risposte, espone se stesso e il mondo a rischi gravi.
Forse e’ in questo il limite piu’ imperdonabile di Renzi. Non la ricerca di innovazioni e strade nuove, quello e’ un cimento che tocca a chiunque voglia provare con la politica a ” governare” e riformare gli squilibri odierni del pianeta.Ma lo slittamento sulla propaganda con la boria di chi ha gia’ in tasca la strada ( e’ qui che il segretario Pd ha dislocato se stesso e il suo partito a ridosso dei populismi senza sbocco).
Se tornare indietro a un mondo chiuso e’ impossibile anche il mero governo dell’esistente non trova piu’ margini nella impetuosa rivolta che, per quanto irrazionale e cieca, ormai infiamma l’Occidente a partire dagli Usa. Se evoluzione tecnica e progresso rendono possibile un diverso modo di vivere e lavorare ma sono oggi ” piegate” all’interesse di pochi, missione storica dei progressisti e’ sprigionare da evoluzione e tecnica le loro potenzialita’ di liberazione, esercitare un governo democratico del globo capace di regolare e arginare l’arbitrio dell’economia finanziaria globale.
L’analisi e’ complessa ma ormai in via di progressiva definizione. Il nodo grande e’ come mettere il popolo in posizione di guida. Non il populismo, che e’ solo il surrogato nominale del protagonismo civile. Un protagonismo fatto di popolo vero, classi sociali, pur riclassificate e mutate, corpi intermedi in cui istanze anche radicali trovino integrazione ed ascolto.
Anche per questo urge lanciare con slancio in tutto il Paese questa Costituente ambiziosa del nuovo centrosinistra, chiarire che ha come obiettivi l’aggressione alle diseguaglianze, la vertenzialita per un assetto europeo che passi dall’austerita’ ad investire su istruzione e alta formazione, la rimessa a tema della grande questione dei giovani e del lavoro, mirando a fare di flessibilita’ produttive e nuove tecnologie strumenti di liberta’ e di tempi di vita piuttosto che di precarieta’ e disoccupazione, l’unificazione continentale delle. politiche fiscali e di quelle della sicurezza, un diverso governo, piu’ umano e insieme piu’ razionale della immigrazione.
Una grande esplorazione nella societa’ profonda tentando con un programma sociale serio a ricomporne fratture e nessi. Una grande battaglia politica, non contro il Pd ma in competizione positiva con esso, alzando l’asticella qualitativa della sfida per l’egemonia nella sinistra e per il governo del Paese.