Il “noi” al posto dell’Io, trait d’union dell’edizione 2017 del Lingotto, si materializza sul palco al termine di una tre giorni che ha visto tanta politica e moltissima partecipazione. Matteo Renzi conclude evocando il valore del collettivo, nella parte finale del discorso, ritmato dalle parole chiave “noi che”. “Curiosi e tenaci – dice Renzi – dobbiamo riscoprire il ‘noi’, noi che siamo un popolo e non un ammasso di persone. Non c’è parola più bella di comunità. Mettiamoci al lavoro, insieme”, conclude chiamando sul palco tra gli altri Paolo Gentiloni, Maurizio Martina, Tommaso Nannicini, Teresa Bellanova, Graziano Delrio insieme a tanti militanti e volontari della kermesse.
Aveva iniziato il suo discorso conclusivo sottolineando la grandissima partecipazione di pubblico alle tre giorni torinese: “Tecnicamente parlando c’è stata un botto di gente, dopo le polemiche”. Il padiglione in effetti è stracolmo e gli organizzatori parlano di 5mila persone.
“Nelle scorse settimane oggettivamente qualcuno ha cercato di distruggere il Pd perché c’è stato un momento di debolezza innanzitutto mia. Ma non si sono accorti che c’è una solidità e una forza che esprime la comunità del Pd, indipendentemente dalla leadership: si mettano il cuore in pace, il Pd c’era prima e ci sarà dopo di noi e ora cammina con noi“. “L’elemento chiave che forse non siamo stati bravi a raccontare è che qui c’è un popolo non un insieme di dirigenti che cercano di cambiare l’Italia ma un popolo che ci crede, che si è mischiato, che ha dei valori, che non si fa distruggere da niente e nessuno, è il popolo del Pd”.
Quanto alla mozione congressuale spiega: “Entro la settimana la completeremo. C’è da scrivere, non solo una mozione, ma un progetto per il paese”. E agli altri due candidati al Congresso dice: “Auguri di buon lavoro a Orlando e Emiliano perché non facciamo polemiche con nessuno e in particolare con i nostri compagni di squadra”.Richiamando i fatti di ieri di Napoli ha ribadito, condannando il comportamento del sindaco De Magistris: “Non possiamo fare alleanze con chi non rispetta la legalità, non possiamo allearci con un sindaco che si schiera dalla parte di chi sfascia una città come Napoli per non far parlare un deputato, anche se questo è Salvini”.
Tra i temi più caldi affrontati, quello sulla giustizia. Tutti ovviamente si aspettano il riferimento a lotti, o al padre, entrambi indagati nella vicenda Consip. Ma con un coup di theatre arriva la solidarietà alla sindaca di Roma, Virginia Raggi (indagata nella vicenda Marra-Romeo), perchè, spiega Renzi, “noi siamo dalla parte della giustizia che qualcuno, anche nel nostro campo, ha confuso col giustizialismo”. Ai 5 Stelle (e anche a qualcuno del centrosinistra) dunque arriva la lezione di garantismo del segretario pd: “Non si può essere garantisti a giorni alterni”. Quindi, l’affondo ai grillini. L’ex premier invita Di Maio, vicepresidente della Camera, e il deputato Di Battista, a rinunciare all’immunità e alle prerogative parlamentari per “diifendersi nei tribunali dalle nostre querele”.
Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha paragonato Renzi a Maradona: “I napoletani non avevano paura che Maradona giocasse troppo la palla, senza Maradona giocavano ma non vincevano lo scudetto”.