Sono ore decisive per il futuro dei voucher: nella maggioranza prende piede l’ipotesi di cancellarli del tutto, come chiede in sostanza il quesito referendario promosso dalla Cgil. Allo stesso tempo si vorrebbero superare anche le norme sugli appalti – proprio oggi è stata incardinata a Montecitorio una proposta di legge – così da annullare definitivamente entrambi i quesiti referendari del sindacato guidato da Susanna Camusso.
A quanto si apprende, al termine di una riunione di oggi pomeriggio dei deputati dem sono state definite due ipotesi per modificare la normativa sui voucher: abolizione totale dello strumento o limitazione drastica alle sole famiglie. Due strade entrambe ben viste dal sindacato di Susanna Camusso, che ieri aveva finalmente chiarito la sua posizione ponendo una sorta di veto all’uso dei buoni lavoro da parte delle aziende (anche quelle con zero dipendenti). E che quindi scongiurerebbero il referendum. Ma il testo base su cui si sta ragionando in commissione Lavoro a Montecitorio – una sintesi delle undici proposte di legge, frutto di una mediazione fatta anche con i centristi – ad oggi comprende anche le aziende con zero dipendenti. Ecco perché a quel testo base, in queste ore, sarebbe arrivato proprio dal Pd un emendamento (tra i circa 130 totali) che limiti di fatto l’utilizzo dei voucher soltanto alle famiglie. “Abbiamo sempre detto che il testo base era il primo giro di manovella e che era suscettibile di cambiamenti – osserva il presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano – quello che è certo è che l’ipotesi a cui lavoriamo non comprende le imprese e la pa. Come PD quindi facciamo un passo avanti”.
Ma quello delle imprese è un punto che difficilmente metterà d’accordo tutte le forze politiche in gioco, con pezzi del centro-destra da sempre contrari all’ipotesi di escludere le imprese. Non a caso con un’ipotesi del genere i centristi di Area Popolare si tirerebbero indietro, come evidenzia il capogruppo di Ap Maurizio Lupi: “Un decreto siffatto se lo voterà solo il Partito democratico, noi non ci facciamo ricattare dalla Cgil”. Per non parlare poi degli ostacoli di Palazzo Madama il cui iter, secondo quanto spiegato qualche giorno fa all’Huffington Post dal senatore Maurizio Sacconi, andrebbe incontro a “un’ampia aria di dissenso, sia nella maggioranza che tra le fila dell’opposizione”.