In una Roma blindata per paura di attentati dopo i fatti di Londra si commemorano oggi i 60 anni dei Trattati di Roma, prima pietra dell’Unione Europea oggi messa a dura prova dalle spinte populiste e euroscettiche innescate dalla Brexit che porterà il Regno Unito fuori dall’Ue. I 27 leader dei paesi europei si sono ritrovati in Campidoglio, per la commemorazione solenne dei Trattati, per poi essere ricevuti dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La Ue prova così a darsi un nuovo slancio in una cornice sontuosa e ricalcando le stesse orme dei luoghi nei quali 60 anni fa furono firmati i Trattati istitutivi della Comunità economica, l’attuale Unione. Pur nelle mediazioni diplomatiche fatte per ottenere la firma pure delle riottose Polonia e Grecia, i concetti chiave nell’agenda di Roma ci sono tutti: la riaffermazione dell’indivisibilità dell’Unione e, al tempo stesso, la possibilità per gruppi di Stati di collaborare più strettamente su alcuni temi. Il vertice europeo nelle intenzioni dei 27 paesi e per quello che è emerso finora dalla “bozza del documento finale” dovrà portare, sia pure in una forma più “liquida”, a ribadire l’indivisibilità conclamata dell’Europa, dell’Unione Europea e dell’euro, pur lasciando spazio ad un Vecchio Continente che possa anche marciare “a due velocità”. I leader europei davanti al documento originale protetto in una teca del Trattato siglato a Roma nel 1957 firmeranno la Dichiarazione di Roma, il testo chiamato a restituire slancio nei prossimi 10 anni all’integrazione europea anche con Paesi che vanno avanti a piccoli gruppi ) l’Europa a più velocità o delle cooperazioni rafforzate (come avvenuto in passato per euro e Schengen. La novità politica di questa Europa a due velocità (che è sempre esistita su questioni tecniche) è dirompente. La Germania (sostenuta da Francia e Italia) di fatto sancisce una spaccatura tra i paesi fondatori proitettati verso una maggiore integrazione politica su alcuni temi e il resto del continente. Una sorta di scetticismo verso il ruolo della Commissione europea percepita come troppo politica, verso i Paesi dell’Est considerati inaffidabili sui migranti nonostante gli accordi sottoscritti a livello comunitario. E verso un’Europa meridionale che disobbedisce al Patto di stabilità come nel caso della Grecia. Da un anno e mezzo l’idea di una “coalizione dei volenterosi” come la chiama il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, è riaffiorata dunque nella discussione pubblica. Il ministro delle Finanze (ideologo a suo tempo della forma più radicale dell’Europa a più velocità, la “Kerneuropa”, il “nocciolo d’Europa” che mirava a un’aristocrazia di Paesi a traino franco-tedesco), l’ha usata a proposito del progetto di una Difesa comune, ma anche di una tassa sulla benzina per finanziare i profughi, e l’ha suggerita come una formula vincente per l’Europa post-Brexit.