Possiamo immaginare cosa abbia provato la 14enne originaria del Bangladesh, residente a Bologna, quando la madre le ha rasato i capelli per “punirla” del suo rifiuto di indossare il velo.
“Non mi riconosco più” avrebbe raccontato in lacrime alla Preside della scuola che prontamente ha chiamato i Carabinieri. La Procura di Bologna ha poi allontanato dai genitori la ragazza e le sue sorelle configurando un tipico caso di maltrattamenti verso la prole.
La decisione della Procura di Bologna è ineccepibile e sacrosanta. Forse, come qualcuno ha scritto, siamo in presenza di un puro autoritarismo familiare che giudica alcuni comportamenti “troppo occidentali”; e può anche darsi che – come ha precisato il presidente dell’Unione delle comunità islamiche italiane in segno di solidarietà con la ragazza – obbligare al velo non ha nulla di religioso.
Solo che qui non importa stabilire quanto pesi la religione. Qui interessa rimarcare un concetto semplice e chiaro da far metabolizzare alla svelta a coloro che decidono di vivere in Italia: il nostro è uno Stato laico e non confessionale, che pratica l’accoglienza, ma che esige il rispetto delle leggi e dei principi democratici. E questi principi nessuno ha il diritto, con le parole e con le azioni, di metterli in discussione.