Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli abbraccia l’ arte di Alessandro Kokocinski. Il genio italiano, ma di origini polacco-russe, porta in scena la sua personale intitolata “Kokocinski, la vita e la maschera: da pulcinella al clown” con dipinti, sculture, installazioni, disegni, filmati, versi poetici, libri d’artista che sgorgano dalla mutazione della “maschera” che l’artista stesso definisce: “mediatrice fra noi e il vuoto insondabile celato”. La ragione che spinge l’artista a creare quello che vediamo nasce dalla biografia intrinseca di lotta, di ribellione che si è poi trasformata in arte, la quale racconta di un bambino cresciuto in un circo uruguayano, sfuggito alla dittatura argentina e cilena e arrivato in Italia negli anni settanta con, dentro di sé, tutta quella polverosa aria respirata. Il genio racconta, nella sua personale, la sua storia, quella di un uomo che ha vissuto le discrepanze, i soprusi, ogni forma di razzismo, vivendo la “cattiveria del mondo”. Il male ricevuto da altri uomini, Kokocinski, non l’ha setacciato dentro di sé ma l’ha voluto donare agli altri sotto un’altra veste, sotto forma di arte, che possa divenire una carezza per gli occhi dove la maschera, il clown, Pulcinella diventano protagonisti. Il male ricevuto si evolve nell’increspatura più umana possibile, diviene un flusso, un movimento dinamico fatto di volti, di impressioni, di un mondo senza tempo. Un mondo rivoluzionario. L’arte, in questo caso, è fatta di illusioni e mette in scena il clown che si affaccia tra sogno e realtà, tra il torero e l’ illusionista, tra Goya e l’ ispirazione caravaggesca. La metamorfosi è la protagonista assoluta dell’essenza di Alessandro, si sgretola tra le trame della comicità con Pulcinella e Petruska che si muovono come marionette nel grande palcoscenico che è la vita. Vi sono, poi, i disegni che narrano il sogno umano e il suo incedere verso l’infinito che è la terra natia del genere umano. Non manca il dolore, il dramma che si snocciola nell’istallazione “Olocausto del Clown tragico” dove un trombettiere insieme ad un angelo e alla morte diventano protagonisti di uno spettacolo dove si guarda la fragilità umana edulcorata dalle sue inquietudini, dai tormenti che possono apportare, alla fine del viaggio, la speranza che appare sempre in combutta con in fatti della vita per padroneggiare il senso dell’esistenza, che ci rende pedine di un gioco fatto di illusione e gocce amare. Alessandro Kokocinski, parlando della sua personale spiega: “Sono cresciuto alla dura accademia della vita, ma vivo in un bellissimo destino”. In quest’arena fatta di ombre, mistero, e felice illusione che si materializza in parvenza comica dell’esistenza è possibile immergersi, dal 7 aprile fino al 5 giugno, senza pentirsene perché racconta ogni minima sfaccettatura umana che si trastulla tra arte e spettacolo.
ANNALISA COCCO