Inutile girarci troppo intorno. Le elezioni di oggi in Francia sono un crocevia per il futuro dell’Europa. Le speranze di tutti quei milioni di cittadini che credono ancora nel futuro dell’Unione, di un’Unione più forte, più integrata, più solidale, sono riposte tutte in un giovane politico francese: Emmanuel Macron.
Già ministro dell’Economia con Hollande presidente e Valls primo ministro, il 39enne di Amiens ha bruciato le tappe della politica, uscendo da un partito socialisti in completa crisi di identità, fondando un suo movimento e proponendosi come il primo vero candidato “post-sistema” (come ha scritto Serge Raffy sul Nouvel Obs) della politica francese da quasi mezzo secolo a questa parte.
Quel che ci interessa sottolineare qui è la vocazione prepotentemente, convintamente europeista di Macron. In tempi in cui il Vecchio Continente e la sua stessa essenza, sono messi sotto continuo e molteplice attacco, lui ha avuto il coraggio di impostare la sua campagna elettorale su un’idea di Europa più forte. Su un passo avanti e non su un passo indietro. E questo, almeno secondo quanto dicono i sondaggi, sembra premiarlo.
Per Macron la sfida più difficile è il primo turno, in cui ci sono quattro candidati “to close to call”. Se dovesse riuscire nel miracolo (se pensiamo a qualche mese fa nessuno avrebbe scommesso su di lui, senza un partito alle spalle), la strada per lui potrebbe essere in discesa verso il ballottaggio del 7 maggio. Tutte le rilevazioni lo danno in netto vantaggio al secondo turno a prescindere dal fatto che l’avversario possa essere Marine Le Pen, Francois Fillon o Jean-Luc Mélenchon.
Se vincerà lui o uno degli altri tre candidati più accreditati, le cose cambieranno radicalmente.