L’emergenza migranti, le elezioni presidenziali francesi, il caso Regeni. Come di consueto nei viaggi internazionali, durante il volo di
ritorno il Papa ha risposto alle domande dei giornalisti. È stata l’occasione per affrontare i temi più caldi dell’attualità internazionale, tra cui la crisi venezuelana e l’emergere di populismi demagogici. Ma non sono mancati neppure riferimenti personali, come il desiderio, rimasto tale, di vedere le piramidi. L’ecumenismo? «Si fa in cammino con le opere di carità, stando insieme». Ci
sarà un incontro con Trump? «Io ricevo ogni capo di Stato che chiede udienza».
La prima domanda comunque ha riguardato il colloquio di venerdì con il presidente egiziano al-Sisi, con riferimento al rispetto dei
diritti umani. E al Papa è stato chiesto se è stato accennato anche a Giulio Regeni, il giovane ricercatore morto in circostanze ancora non chiare. «Generalmente quando sono con un capo di Stato in un dialogo privato, rimane privato. Riguardo a Regeni, io sono preoccupato e mi sono mosso. La Santa Sede si è mossa anche perché i genitori hanno chiesto. Non dirò come ma ci siamo mossi».
Quindi è stato ricordato a Francesco che in un suo intervento ha evidenziato l’importanza dei diritti inalienabili dell’uomo. Un supporto al governo egiziano che cerca di difendere i cristiani? «Difendere la pace – ha detto il Papa –, difendere l’armonia dei popoli, l’uguaglianza dei cittadini quale che sia la religione, questi sono valori, io ho parlato dei valori. Se poi il governo difende o l’uno o l’altro questi valori, è un altro problema. Ogni governo o Paese ha le sue debolezze, ha i suoi avversari politici. Io non
non mi immischio. Parlo dei valori». Poi ha confidato che gli sarebbe piaciuto visitare le piramidi.
Quindi una domanda sulle elezioni in Francia e sui cattolici d’Oltralpe divisi tra i due candidati al ballottaggio. «C’è il problema in
Europa e nell’Unione Europea – ha chiarito Francesco –. Ogni Paese è libero di fare le scelte che crede convenienti. Non posso sapere i motivi delle scelte perché io non conosco i motivi. È vero che l’Europa è in pericolo di sciogliersi, questo è vero. Dobbiamo meditare su questo. Il problema che sta avendo l’Europa, dall’Atlantico agli Urali, è quello dell’immigrazione, ma non dimentichiamo che è l’Europa è stata fatta dai migranti. È problema che si deve studiare, anche rispettando le opinioni, ma si deve avviare una discussione politica. Parlo della grande politica, con la P maiuscola».
E guardando a Parigi ha affermato: «Non capisco la politica francese e ho cercato di avere buoni rapporti anche col presidente attuale con il quale c’è stato un conflitto una volta ma poi ho potuto parlare chiaramente sulle cose. Dei due candidati francesi non so la storia, non so da dove vengono. Parlando a dei cattolici, ero durante un raduno, uno mi ha detto: “Perché non pensa di far fare un partito per i cattolici?”. Ma questo signore buono vive nel secolo scorso».
Facendo riferimento ai rifugiati, è stato ricordato al Papa di aver usato l’espressione “campi di concentramento”. E un giornalista tedesco ha ipotizzato che si sia trattato di un lapsus. «Ho parlato dei Paesi più generosi dell’Europa, citando Italia e Grecia. Della Germania ho sempre ammirato la capacità di integrazione. Quando io studiavo lì, c’erano tanti turchi integrati a Francoforte. Però il mio non è stato un lapsus! Ci sono campi di rifugiati che sono veri campi di concentramento. Qualcuno forse c’è in Italia, qualcuno forse in altre parti. Pensi che cos’è successo in Nord Europa quando i migranti volevano attraversare il mare per andare in Inghilterra, e sono stati chiusi dentro». Poi Francesco ha raccontato un episodio. «In Sicilia, in un piccolo paese, c’è un campo rifugiati. I capi hanno detto loro: “Stare qui dentro farà male alla vostra salute mentale. Noi non possiamo aprire i cancelli, ma facciamo un buco dietro, voi uscite, fate una passeggiata in paese…?”. E così si sono costruiti buoni rapporti con gli abitanti di quel paesino: i migranti non fanno atti di delinquenza o criminalità. Ma stare chiusi è un lager».