Impiegavano in aziende agricole della zona, per pochi euro, gli ospiti dei centri di accoglienza straordinaria (Cas) affidati loro in gestione e, mentre gli extracomunitari erano al lavoro, falsificavano i fogli di presenza al fine di intascare dallo Stato il rimborso, pari a 35 euro a persona, riconosciuto loro per le spese di mantenimento dei migranti. Un sistema di vero e proprio caporalato, ma anche una truffa ai danni delle istituzioni, emerge dall’inchiesta della Procura della Repubblica di Cosenza, che ha affidato ai carabinieri l’esecuzione di 14 misure cautelari eseguite l’altro giorno Due le persone finite in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 8 sottoposte a obbligo di dimora. Per la prima volta viene contestato il nuovo reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Ma anche abuso d’ufficio e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche i reati contestati a vario titolo. Una storia davvero terribile.
Il sistema ha riguardato una trentina di migranti, che sarebbero stati impiegati in nero come braccianti, con paghe oscillanti tra i 15 e i 20 euro, dunque molto al di sotto di quelle previste per contratto, per una giornata lavorativa di 10 ore. Tra gli indagati, il presidente e due responsabili della gestione di un Centro di accoglienza straordinaria di Camigliatello Silano, accusati di avere illecitamente reclutato i rifugiati ospiti della struttura per essere impiegati in nero come braccianti e pastori in numerose aziende agricole della zona.
Le indagini sono partite nel settembre scorso, grazie alla denuncia di uno degli extracomunitari, tutti provenienti dall’Africa, in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato. I migranti, secondo il racconto dell’uomo, lavoravano dalle 6 del mattino alla 17 e ricevevano un compenso di 15 euro. La denuncia ha fatto scattare le indagini che si sono avvalse anche delle riprese che avrebbero documentato gli spostamenti dei migranti. Il tutto corredato da intercettazioni e pedinamenti.
“Niente sconti per chi sfrutta il lavoro delle persone. Gli arresti effettuati dalle forze dell’ordine in provincia di Cosenza dimostrano che lo Stato c’è. Combattiamo ogni giorno la piaga del caporalato. Grazie alla nuova legge abbiamo strumenti più forti per essere presenti in maniera ancora più capillare sui territori. Continuiamo su questa strada, consapevoli che la repressione da sola non basta e intervenendo per questo anche in aiuto delle vittime che hanno il coraggio di denunciare. La lotta allo sfruttamento e al lavoro nero in agricoltura deve coinvolgere tutti. Associazioni di categoria, Istituzioni, sindacati, cittadini. Noi ci siamo.”
Così il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina sugli arresti di Cosenza per sfruttamento di migranti e caporalato.