Se pensiamo alla struttura della città di Napoli, alla conformazione di strade e quartieri ed alla stessa collocazione geografica, la peculiarità principale che viene in mente è un labirinto di salite e discese, scalini ed alture. . Nonostante sia, principalmente, una città di mare, si è espansa inerpicandosi sulle ripide colline circostanti, sviluppandosi in maniera verticale: una caratteristica che ha reso unico il paesaggio, ma che ha causato non pochi problemi per il collegamento dei vari quartieri della città. Così, quando fra il XVI ed il XVII secolo la nobiltà spagnola iniziò a costruire sontuose dimore sulla collina del Vomero, è stato necessario costruire una strada che collegasse il centro della città alla nuova area residenziale. Venne creata una salita che collegò, e collega ancora oggi, l’attuale zona del Museo Archeologico e l’Arenella, per poi collegarsi tramite alcune rampe al Vomero. Oggi la conosciamo come via Salvator Rosa, ma, da sempre, i napoletani la conoscono con tutt’altro nome. La strada, al tempo, era particolarmente impervia e costeggiava zone invase dalla vegetazione, insinuandosi fra boschi e campi alberati. Per questo motivo è stata battezzata “L’infrascata”, perchè, appunto, era nascosta nelle “frasche”. L’Infrascata, però, non era solo un paesaggio rurale. Come abbiamo detto, collegava le dimore più importanti e, quindi, è stata percorsa dai nomi più illustri della nostra storia artistica e culturale. Fra i palazzi storici che, ancora oggi, costeggiano la strada ricordiamo quello nel quale dimorò il poeta Giovanni Capurro, famoso per aver scritto il leggendario testo di “‘O Sole Mio”; oppure la vicina Villa Ricciardi, che ospitò Giacomo Leopardi e Dumas; o, ancora, Villa Santarella, dimora di Eduardo Scarpetta e che reca ancora la scritta “qui rido io”, fatta scrivere dal grande commediografo sulla facciata. Con l’avvento del progresso e dell’espansione urbana della città l’Infrascata è diventata la via Salvator Rosa che conosciamo, dove alberi e muli sono stati sostituiti da palazzi, automobili e semafori, ma percorrendola possiamo ancora scorgere le ville signorili di un tempo e, con un po’ di fantasia, immaginare artisti leggendari che camminano fra ciucci educati e contadini affaticati.