I capolavori di Caravaggio e dei suoi seguaci più illustri, come Giovanni Lanfranco o Jusepe de Ribera, che nel XVII seolo operarono in Italia meridionale, sono in mostra da domani al 24 settembre negli spazi del Castello Aragonese di Otranto (Lecce). Le bellissime opere esposte, a partire dal ‘Ragazzo morso da un ramarro’ del Merisi, provengono dalla raccolta del celebre storico dell’arte e collezionista Roberto Longhi, tra i primi, a inizio ‘900, a riscoprirne il genio. Intitolata ‘Caravaggio e i caravaggeschi nell’Italia meridionale dalla collezione della Fondazione Longhi’, l’importante rassegna è stata curata da Maria Cristina Bandera, direttrice scientifica della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, che ha compiuto una puntuale selezione delle opere lì custodite. Nella sua dimora fiorentina (oggi sede della Fondazione), Longhi raccolse un numero notevole di opere di maestri di tutte le epoche, su cui si concentrarono le sue ricerche.Il nucleo più importante è però senza dubbio quello che comprende le opere del Caravaggio e dei caravaggeschi, cui lo studioso si appassionò fin dai tempi dell’università. Di quell’importante movimento pittorico seicentesco, nel 1928 Longhi acquistò il capolavoro del Merisi che in quell’ambito ebbe forse il maggiore impatto, vale a dire la splendida tela de ‘Il Ragazzo morso da un ramarro’. Il dipinto, che risale all’inizio del soggiorno romano di Caravaggio, all’incirca nel 1596-1597, colpisce innanzitutto per la resa del brusco scatto con cui il giovane si ritrae improvvisamente per il morso di un ramarro, quasi come in una istantanea fotografica, ma anche per la diligenza con cui è riuscito a rendere il brano della natura morta con la caraffa e i fiori, un genere pittorico riportato a dignità autonoma proprio dal grande maestro lombardo. Grandi capolavori possono infatti ritenersi le cinque tele che raffigurano gli Apostoli, realizzate nel 1613 da un giovane Jusepe de Ribera o la ‘Deposizione di Cristo’ di Battistello Caracciolo, il principale caravaggesco napoletano. Il profondo radicamento del suo esempio nell’arte partenopea è attestato quindi dal ‘David’ di Andrea Vaccaro e dal drammatico ‘San Girolamo’ del Maestro dell’Emmaus di Pau. Nelle opere di Matthias Stom, a lungo attivo in Sicilia, si materializza invece una perfetta sintesi tra la cultura nordica di partenza, legata al caravaggismo olandese, e la pittura italiana.
(L’Ansa)