Gigi Di Fiore, giornalista e saggista italiano non che pregiata firma della letteratura è autore del libro, “Briganti. Controstoria della guerra contadina nel Sud dei Gattopardi”, edito da UTET. «Lo Stato italiano ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri.» Con queste parole Antonio Gramsci commenta gli avvenimenti che intorno agli anni sessanta dell’Ottocento insanguinano le campagne nel sud del paese. Il meridionalista lo dedica a chiunque non abbassi mai la testa di fronte al potere, a chi non si inchina dinanzi a nessuna autorità, in se stessa fallace.
Un libro che racconta il meridione e la sua storia più recondita dove le truppe piemontesi vengono dipinte, erroneamente a lungo, dalla storiografia ufficiale, come un esercito di liberazione, che poteva riscattare la gente del Sud, vista come “cafona” nei modi e nella lingua. Invece, quei militari si sono dimostrati in tutta la loro forza repressiva, e in tutta la loro violenza che ferisce, depreda. I “briganti”, in questo caso, la gente del Sud diventano eroi del popolo, che lottano, combattono contro lo Stato che vuole depredarli e circoscrivere la questione meridionale alla criminalità. Di Fiore, si serve di testimonianze, verbali di polizia e diari, portando il lettore al tempo in cui il Sud era nelle mani dei briganti, ma pur sempre gestito da uomini che inseguono un riscatto sociale dalle umiliazioni e da tutte le paturnie subite. Si innescano, così le figure di : Carmine Crocco Donatelli detto “il generale dei briganti” che raccolse i disperati e gli esiliati, Pasquale Romano soprannominato “Enrico la Morte” che guidò le rivolte contro il governo e che poi fu rinvenuto trucidato in maniera infame, e poi vi sono tutti i contadini ribelli, gente del popolo, umile, che ha lottato per la libertà del Sud, per togliersi di dosso ogni macchia, ogni sbeffeggio, ogni tratto di dolore.
Di Fiore, avanza le accuse contro i “Gattopardi”meridionali, proprietari di terreni e notabili che si dimenano a guidare la lotta ed avere un proprio tornaconto, essendo loro i mercenari del potere che accentrano nelle loro mani. I “Gattopardi” a detta di Di Fiore vengono dipinti come :” Una classe dirigente immobile e codarda, rimasta al suo posto facendosi scudo con la violenta repressione e le armi dell’esercito. Una classe dirigente che ha purtroppo, ancora oggi, tanti successori“. Queste parole, Gigi Di Fiore, le ha pronunciate alla presentazione del libro, tenutasi il 13 giugno alla Feltrinelli a Piazza dei Martiri a cui ha partecipato Marco De Marco, e Carmine Pinto, che si è espresso così:”Immagino che questo libro verrà divorato , in quanto racconta la biografia di capi post brigantaggio che diventano protagonisti nelle campagne post unità.La forza del libro ha una radice intrinseca nelle ragioni che hanno spinto Gigi a scrivere della storia dei briganti del Sud. Il brigantaggio, prima del Regno italiano, assume una dimensione di massa. La storia dei Briganti delle nostre terre è una storia attualmente di grande successo, più di tante storie molto più recenti. Il suo fascino sta nel momento storico, un momento cruciale per tre motivi: rappresenta la fine della società rurale, la fine dell’autonomia di cui il Regno di Napoli aveva goduto fino a quel momento, da secoli, e rappresenta l’ultima guerra combattuta al Sud, dai nostri avi più diretti” .
L‘autore, invece, commentato così: “Questi uomini coincidono con l’ultima guerra combattuta nel Mezzogiorno, con la fine della società rurale. “Briganti” non è un saggio ma un romanzo, o almeno come tale si lascia leggere. L’ennesima e forse più importante dimostrazione che “della nazione napoletana resta la cultura, restano le radici. Ne resta l’identità”. Il futuro? è proprio “nella conoscenza delle radici”, “nel rispetto reciproco della dignità e delle culture”, in queste storie che devono essere ancora raccontate “senza rimuovere nessun tassello. Il futuro è nei libri”.
La copertina del libro, infatti, recita così: “ Fu quella l’altra triste ed eterna eredità di una guerra persa dai poveracci, che ha lasciato nelle terre dei combattimenti l’idea dello Stato come un’entità vaga, che sa solo fucilare. Stato nemico, Stato oppressore, che non cerca consenso, ma solo ubbidienza con la forza” ed ubbidire con forza è ciò che accade oggi, si da il proprio consenso ai poteri grossi, alle maglie della politica, dove i “briganti” siamo noi.