Le previsioni dopo il si alla Brexit erano agghiaccianti. Ma le “vere” conseguenze non potranno che manifestarsi quando la Gran Bretagna sarà davvero uscita dall’Unione europea, quando sarà davvero avvenuta una Brexit e saranno applicate nuove regole sul commercio internazionale, sulla finanza, sulla libera circolazione dei lavoratori . Ciò tuttavia, a distanza di un anno dal voto, qualche conseguenza si può già avvertire.
Infatti, la sterlina è calata, rapidamente. Il cambio effettivo, già in tendenza ribassista, ha perso il 6,8% il 24 giugno 2016, la seduta successiva al referendum. Un crollo colossale, se confrontato con la storia della valuta negli anni precedenti: la volatilità quotidiana era dello 0,5%. Non solo: la valuta da allora si è mossa lungo un valore medio strutturalmente più basso. Da quota 87,9 del 23 giugno, l’indice – una media del valore della sterlina verso le valute dei principali partner – è calato fino a un minimo di 73,8, con una flessione del 16% ma ha poi recuperato. In più, dal giugno 2016 a maggio 2017 le vendite all’estero sono aumentate del 7 per cento.
Mentre, le importazioni sono infatti aumentate dell’8%, e quindi non sono calate in termini reali, e i conti con l’estero non sono quindi migliorati. Oggi l’inflazione britannica è al 2,7%, ben al di sopra dell’obiettivo della Bank of England, pari al 2%: la correlazione tra inflazione e cambio è piuttosto elevata ed è negativa. Il rialzo dell’inflazione ha determinato un forte rallentamento, e poi una flessione, dei salari reali. Si è così ridotto il potere di acquisto dei britannici. La flessione si è avvertita con un po’ di ritardo, ma a gennaio 2017 le retribuzioni reali erano solo lo 0,6% (in termini di media mobile trimestrale) più alte rispetto a un anno prima (si era partiti, a giugno 2016, da un +1,8%).
Insomma, la Brexit è stata una scelta forte ma desiderata, voluta in Gran Bretagna, che porterà sicuramente un vento nuovo sull’economia ma sopratutto, sul mondo globale.