Alessandro Baricco, lo leggono i ragazzi migranti, gli entra nelle vene. Sognano. Sognano una vita diversa, sognano di sentirsi per un attimo giusti, di sentirsi benedetti anche loro. Non importa da dove provengono, amano le nostre stesse cose, il traffico, le onde del mare, il sentirsi liberi nel guardare la gente nel suo via vai continuo, sognano di non sentirsi più soli. E qui siamo tutti dei migranti. Sono i 31 ragazzi, tra i 15 e i 19 anni, emigrati in Italia al seguito delle loro madri o delle loro famiglie protagonisti del libro “Ho viaggiato fin qui” (Edizioni Centro Studi Erickson) curato da Cristiana Ceci e Francesco Iarrera. Tra le pagine storie di giovani migranti che sono un pugno nello stomaco. Hanno dovuto accompagnare i genitori nel viaggio della speranza alla ricerca del lavoro per sfuggire alla povertà e alla miseria. Provengono da Romania, Ucraina, Filippine, Cina, Egitto, Perù. Sono stati orfani senza accorgersene. La madre è stata per loro solo una voce che hanno sentito al telefono o un pacco carico di doni e cioccolato che giungeva a casa. Le storie sono diverse, ma il dolore è lo stesso. Nessuno ne esce illeso. Gli impedimenti, gli schiaffi della vita ce li portiamo dentro, rimangono con noi, non ci abbandonano mai, ma il mondo gira, la vita si mescola, si tramuta. Questi ragazzi hanno una pelle ed una lingua diversa, ma sotto la carne siamo tutti uguali, la vita ci priva a volte anche di poter sognare, ma tuttavia i sogni non svaniscono, non se ne vanno, non scivolano via come le lacrime, i sogni sono incisi nell’anima, nello stomaco. L’amore quello lo sognamo tutti, ma solo pochi hanno il privilegio di innamorarsi davvero, di strapparsi il cuore dal petto, di volare dove nessuno è mai potuto arrivare perchè il resto del mondo non sa, non può sapere dove si vola, di volere che non finisse mai la vita, che non ci fosse mai una morte, che fossimo infinito per non avere mai una fine. Questi giovani sognano anche di lavorare, magari sognavano di divenire astronauti, medici, artisti o giornalisti che svolgono il mestiere più bello perchè sono liberi. Liberi di scrivere e nello scrivere portano la vita. Portano se stessi. I migranti non sono un popolo lontano, questo libro ce lo racconta, sono più vicini di quanto immaginiamo, leggono le pagine più belle, quelle di Baricco il si immagina che nella vita nonostante tutto il dolore che ci invade, ci investe nella memoria, ci si attende sempre lo straordinario e lo straordinario è nell’amare qualcuno. E grazie all’amore che vince sempre, su tutto, su ogni rivolo di sangue, su ogni complesso, su tutti gli spilli che ci trafiggono, sui sogni che non abbiamo potuto vivere ma che non svaniscono, ci accompagnano in questo viaggio che non ha bagagli, non ha pesi.