Il rinvio del disegno di legge sullo #iussoli e le polemiche generate dalle parole di Matteo Renzi sull’immigrazione rendono necessaria qualche parola di chiarezza.
Innanzitutto, il Partito Democratico vuole approvare lo ius soli perché è un passo in avanti per l’Italia dal punto di vista dei diritti. Dopo la legge che regolarizza le unioni civili, la legge contro il caporalato e la legge per l’introduzione del reato di tortura, sarebbe l’ulteriore legge di civiltà approvata in questa Legislatura. Purtroppo, invece, l’approvazione dello ius soli viene strumentalizzata, da un lato da chi la utilizza a pretesto per indebolire il Partito Democratico e Renzi, dall’altro da chi soffia su rabbia e xenofobia e cerca di creare confusione tra l’emergenza immigrazione e un provvedimento che invece dà gli stessi diritti a chi in Italia ci vive, frequenta le scuole e svolge tutte le funzioni di cittadino. È, per questo, molto importante che in queste ore il Presidente Paolo Gentiloni abbia ribadito la volontà dell’Esecutivo di approvare la legge in autunno.
Altra cosa è la questione scoppiata qualche giorno fa e sulla quale abbiamo l’obbligo politico di rimettere in piedi un ragionamento che superi la demagogia e le strumentalizzazioni.
Sulle prime, nei giorni scorsi, mi ero persa la ‘card’ sull’immigrazione fatta girare dai gruppi social gestiti dal Pd. Poi, parlando con diversi ragazzi che sono nella nostra organizzazione giovanile ho avvertito disorientamento, sgomento, rabbia e delusione. Ho sentito paragoni tra Renzi e Salvini. ‘Addirittura! Che sarà mai successo? Cosa avrà detto Renzi?’, mi sono detta. Ho cercato di capire. Ed è stato allora, solo a quel punto, che ho letto la card incriminata e mi sono resa conto di cosa era realmente accaduto.
Quella card effettivamente conteneva un linguaggio che ha dato fastidio anche a me. Non mi ci ritrovo. Si voleva dire altro, ma oggettivamente non andava espresso così. Per avere la certezza che alla base di quelle parole ci fosse un altro ragionamento ho deciso di leggere il libro di Matteo Renzi, da cui erroneamente era scaturita.
Ieri finalmente ho letto le pagine che hanno impropriamente destato questo polverone. Vi ho trovato la sinistra quella vera, quella che le cose le vuole cambiare nella realtà e non a chiacchiere, quella capace di uscire da uno scontro populista tra chi, strizzando l’occhio al fascismo e alla xenofobia, vuole costruire muri e respingere intere masse di innocenti che fuggono da fame, disperazione e guerre, e chi, facendo leva sul buonismo perbenista tipico dei salotti della sinistra radical chic italiana, dice di accogliere tutti senza poi garantire a nessuno una condizione di vita che rispetti la dignità umana.
Tutti gli Stati europei devono essere richiamati alle loro responsabilità perché questo fenomeno migratorio di proporzioni enormi non può essere scaricato sulle spalle della sola Italia.
Nelle azioni concrete che in questi anni abbiamo messo in campo ritrovo la sinistra vera quella che investe nella cooperazione internazionale per migliorare le situazioni dei paesi da dove partono i flussi migratori. La strada da seguire è quella. Su quelle criticità bisogna intervenire. Vanno pacificati gli scenari internazionali. Vanno costruite strutture statuali vere nei paesi in crisi. Bisogna proteggere le tante etnie e tutti gli individui vittime di persecuzioni. E poi, certo, bisogna anche accogliere, in maniera razionale e pianificata, non solo i perseguitati politici e coloro i quali vivono in paesi dove non sono rispettati i diritti umani, ma anche chi decide di costruire altrove un futuro migliore per sé e per i propri figli. Solo così si interviene alla base del problema, con azioni strutturali e su più livelli. Tutto ciò, lo sappiamo, richiede tempo, investimenti e visione.
È quello che abbiamo iniziato a fare in questi ultimi anni, sfidando logiche e tabù consolidati, ma anche misurandoci concretamente con problemi laddove in passato, anche da sinistra, non si era fatto molto sfoggio di concretezza. Abbiamo sfidato approcci culturali e politici che erano rimasti per decenni solo paradigmi astratti, portati avanti da chi non si è mai posto il problema della loro efficacia o prima ancora della loro praticabilità. La capacità di intervenire, di cambiare le cose nella realtà, di uscire dai salotti per ascoltare davvero i cittadini, di mettere in discussione e superare dogmi dettati da approcci ideologici è il dovere più grande per una forza di sinistra riformista e di governo. È una sfida che non possiamo affrontare e vincere in poco tempo. Occorrono anni, probabilmente decenni. Ma è una questione, quella dell’immigrazione, con cui dobbiamo misurarci, perché da come la affrontiamo oggi, dipenderà la società che avremo costruito e lasceremo in eredità ai nostri figli. E noi vogliamo costruire una società più aperta, tollerante, giusta e allo stesso tempo responsabile.