Ansia e incapacità di gestire le sconfitte. Per il 10 per cento degli studenti italiani di età compresa dai 14 ai 19 anni il ricorso a calmanti ed ansiolitici è diventata una preoccupante regola. Al punto di sottrarli di nascosto ai genitori.
La ricerca condotta dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza su un campione di 8mila studenti lascia pochi dubbi: la Generazione Z, che comprende i nati dal 1995 al 2010, si riscopre fragile e impaurita.
Qualche psicologo ha già chiamato in causa le eccessive coccole di mamma e papà, i pochi “no” dispensati pur di accontentare la prole, e perfino l’utilizzo smodato dei social network rei di alzare permanentemente la tensione senza far staccare la spina al cervello.
Tuttavia questa è solo una piccola parte della storia. Questa generazione assorbe in modo incondizionato le preoccupazioni dei nostri giorni, percepisce le difficoltà future della propria dimensione lavorativa, incassa le paure indotte dal terrorismo sulla loro quotidianità.
Molti di essi – chiusi nella loro prigione virtuale – cercano rimedi artificiali al di fuori di sé. Il dialogo costante è l’arma più efficace per emanciparli dalla loro insicurezza. O no?