Ho appreso dell’ennesimo attentato, quello di Barcellona, con un senso di stremata tristezza, quasi con rassegnazione.
Barcellona, dopo Londra, Parigi, Nizza, Berlino, Stoccolma, altre citta’. Strazio di vite umane, morti casuali. Un furgone o un camion, persino una semplice automobile possono diventare terribili ordigni di morte.
E i protagonisti non hanno bisogno di arrivare da lontano ne’ di essere terroristi internazionali incalliti. Stanno li, nelle citta’ che sfigurano con la loro disperata e insensata violenza, vivono vite pasticciate e prive di respiro culturale, a volte in periferie abbandonate al degrado. E che pure subiscono l’influenza potente, magari via Internet , di una ideologia che ai nostri sensi, addestrati alla convivenza umana, risulta inaccettabile e inumana.
Anche per questo non mi ha sorpreso, stanotte, leggere in rete un post di una persona che conosco appena ma che stimo. Un post carico di forza nervosa. Un uomo colto, un professore credo, di quelli non ordinari ma di grande e creativa qualita’ e fantasia.Un uomo di sinistra, un progressista, forse perfino comunista.
Il suo e’ uno sfogo quasi liberatorio, una scarica di invettive rivolta a ogni buonismo, all’azione assassina e ha chi l’ ha compiuta ( apostrofato come persona inferiore ). E poi sulle comunita’ islamiche e sui sentimenti sociali che tendono all’integrazione. Insomma un vero e proprio ” manifesto reazionario”.
Ovviamente il testo e’ scritto con forza intellettuale, una forza che ne connota l’anticonformismo e anche il vigore umano.
Infatti il professore, pare in partenza per Monaco con la famiglia, respinge ogni possibile sentimento di timore con parole sprezzanti e quasi di sfida.
Dico la verita’, lo capisco. E se il suo ragionamento lo ritenessi efficace, pur non essendo nelle mie corde, finirei per condividerlo.
Purtroppo non credo che pero’ serva a molto. Il suo e’ un po’ come un esorcismo. E’ , in forma colta, lo stesso atteggiamento di chi non si fa una ragione della complessita’ del presente, della sua ,a volte , terribile e orribile crudezza.
Ma solo di questo, invece, si tratta. Una mostruosa difficolta’ della comunita’ umana a ” governare” se stessa, a darsi e trovare equilibrio. Un passaggio d’epoca nel quale nessuno possiede davvero la chiave per interpretare e aprire il futuro. Conferire una logica alle cose.
Sono tante le cose inedite che creano turbamento e spaesamento emotivo.
E’ che la ” guerra ” odierna, questo stillicidio che si abbatte sulle grandi metropoli europee ( anche in Africa o in Asia d’accordo , ma – qui ha ragione il professore – non fingiamo di negare che l’impatto europeo sia molto piu’ forte ) sconvolge certezze e sicurezze. Non si fa tra eserciti regolari, ne’ si dichiara e si fa al fronte. Tantomeno prelude a un negoziato e a un accordo.
E’ scontro potenzialmente contro tutti, nessuno si sente al sicuro. Per questo i nervi cedono, si scompongono anche identita’ intellettuali e ideali che sembravano salde. Un sentimento di reazione istintiva che da tempo e’ “passato” anche nei corpi sociali.
Il professore dunque non e’ solo. E pero’ penso che sia impotente.
Impotenti , e’ vero, forse lo siamo un po’ tutti. Ma almeno la consapevolezza che il mondo contemporaneo e’ questo, e che qui, in questi suoi terribili interstizi di tragedia, va’ con pazienza e fermezza, interpretato e ” governato” , non la possiamo ne’ la dobbiamo smarrire.