La più ampia e completa ricostruzione storica , folkloristica e topografica dell’isola azzurra reca la firma di Manfredi Fasulo, instancabile ricercatore e viceispettore dei Monumenti in Sorrento, che col volume “L’isola di Capri”, stampato per la prima volta nel n 1905, ha fornito un impareggiabile e ricco contributo alla ricostruzione della storia di Capri
Un’antica leggenda narra che Ponzio Pilato avrebbe inviato all’imperatore Tiberio a Capri la relazione della condanna a morte di Gesù Cristo, leggenda secondo la quale l’imperatore , sebbene spietato e feroce, non ne avrebbe approvato l’esecuzione , tenendo altissimo rispetto per il Nazareno.
Ma è solo una leggenda, una delle innumerevoli che alimentano il fascino imperituro dell’isola più bella del mondo, che visse i suoi fasti a partire dal periodo imperiale: prima con Augusto e poi con l’ imperatore Tiberio, che vi dimorò fino al 37 d.C. conducendovi una vita dissoluta, come attestano Tacito e Svetonio.
Uomo efferato e crudele, l’imperatore Tiberio , dopo aver imperversato a Roma contro congiunti ed amici, si stancò e scelse la quiete di Capri, dove giunse 14 anni dopo la morte di Augusto e 27 anni dopo la nascita di Cristo.
Un’isola che scelse per la sua inconfondibile bellezza e per “essere solitaria e senza porti, d’aria dolce e riparata dai venti, con amena vista dal mare e dalla costa bellissima, non ancora deformata dai fuochi del Vesuvio”. ( Tacito)
Fece costruire, infatti, quale sua residenza imperiale, Villa Jovis, sulla sommità di un monte che designò come sua lussuosa dimora , che ospitava, altresì il senatore Cocceo Nerva,ma anche un astrologo di fiducia che consultava all’occorrenza, due cavalieri romani, alcuni letterati greci ed una moltitudine di ancelle.
In questa bellissima villa,tutt’ora aperta al pubblico in tutto il suo suggestivo fascino, pare conducesse una vita dissoluta. Tra i luoghi destinati a soddisfare suoi insaziabili appetiti sessuali pare vi fosse, infatti, un edificio detto “Selleria” da lui istituito quale scuola con i relativi maestri, detti “spintrie”, che insegnavano la “gaia scienza dell’amore”.
Allietato da giovani ancelle, deputate a servire, pare, i lauti banchetti in costumi adamitici, aveva una condotta libertina, ed era solito, pare, poi sbarazzarsi delle giovani fanciulle facendole precipitare da una rupe ( “il salto di Tiberio”) , per poi finire le misere esistenze delle malcapitate grazie alla compiacente solerzia di alcuni marinari, che, armati di lance e coltelli, riducevano in brandelli i poveri corpi ormai senza vita. Stessa atroce sorte pare fosse riservata a schiavi infedeli, o a qualche pescatore che avrebbe osato, inopinatamente, addentrarsi nelle villa per omaggiare l’ imperatore di qualche triglia.
La leggendaria crudeltà di Tiberio, che sarebbe morto nel 37 d.C., offuscò in parte il suo operato e i fasti che restituì all’isola , dove furono costruite ben sette ville.
L’eruzione del 24 agosto del 79 d.C. coprì in parte l’isola, mentre il mare, ritirandosi da Pompei, ne sommerse la costa , come narra Plinio.
Queste sono solo alcune delle vicende riguardanti Capri, riportate dal ricercatore Manfredi Fasulo, viceispettore dei Monumenti in Sorrento e socio della Società di storia Patria a Napoli. Il volume, pubblicato per la prima volta agli inizi del secolo scorso ( 1905), ci narra della storia degli usi e dei costumi di Capri attraverso un prezioso e documentato lavoro di ricerca che ebbe il suo preludio nel volume “La Penisola sorrentina e l’isola di Capri”.Edito i Cinquecento ( “Stamperia del Valentino”), “L’Isola di Capri”, di Manfredi Masulo, rappresenta la più ampia e completa ricostruzione storica , folcloristica e topografica tra quelle da lui prodotte.
La storia dell’isola di Capri, a partire dall’avvento dei fenici ( Capria è infatti parola fenicia) nel 110 a.C. , attraversando le varie epoche storiche che la videro prima ceduta al Duca d’Amalfi (868) , poi nella disponibilità di Roberto Normanno ( 1075) divenuto signore della Repubblica di Amalfi e quindi di Capri, e ancora dei normanni con l’impresa di Giorgio , ammiraglio di Ruggiero II di Normandia, ci conduce attraverso varie epoche, che videro Capri divenire, per la prima volta un feudo nel 1230 , con titolo di contea che fu nella disponibilità di Eliseo Arcucci, caprese , ammiraglio di Federico II, ripercorrendo i vari secoli intrecciata alla storia di Napoli e del suo Regno.
Nel 1345 Capri fu data in feudo a Giacomo Arcucci, gran ciambellano di Giovanna d’Angiò, fondando poi ( 1371) la grande Certosa , intitolata a Giacomo e alla Regina Giovanna.
L’isola tutta migliorò con Carlo II per la vicinanza dalla capitale del Regno stabilita a Napoli e per il susseguirsi di privilegi ed esenzioni.
Le vicende di Capri sono ricostruite quindi, con accuratezza fino alla fine del XIX secolo e l’autore si sofferma non solo sui dati storici, ma anche sugli edifici storici e d’interesse archeologico, come la celebre Villa Jovis , monumentale residenza dell’imperatore Tiberio ed il Tempio di Mitra, che, collocato nella grotta chiamata Mitromania, individuata nel 1740 , racchiudeva al suo interno un’incisione in lingua greca , un’insolita iscrizione funeraria che pare attestasse le ultime parole di Ipato, adolescente probabilmente prossimo al sacrificio al dio Mitra , o forse semplicemente un semplice servo di Tiberio , morto prematuramente.
Altrettanto suggestive sono le leggende legate alle sirene.
Queste leggendarie creature abitarono gli scogli detti Sireneusi o Galli a largo di Sorrento e la Spiaggia di Capri, detta da omero l’isola delle Sirene.
Le mitologiche creature , con fattezze in parte umane e in parte marine, cioè dotate di una coda di pesce , pare abbiano tentato invano di irretire con il loro canto Ulisse, che si sottrasse alla loro malia facendosi legare ad uno scoglio.
Fu così, narra la leggenda, che le sirene Leucosia e Partenope si gettarono in mare per la disperazione, approdando, trascinate dalla corrente, l’una verso l’isola di Leucosia, nel golfo di Sorrento, e l’altra verso il Vesuvio , in prossimità dell’attuale Castel dell’Ovo,dando origine alla città di Partenope, che sarebbe divenuta poi Napoli.