La violenza contro le donne si sviluppa soprattutto all’interno dei rapporti d’intimità dove regna la fiducia, la devozione e l’amore verso l’altro, ma, al contempo il desiderio di controllo e possesso. La donna come un oggetto da manipolare, usare e calpestare deve comportarsi secondo le aspettative del suo uomo non può contraddirlo, non può inseguire le sue passioni, non può avere la sua libertà, non può decidere di lasciarlo, perché un “oggetto” di sua proprietà.
Tutto questo è sinonimo di violenza.
Innanzitutto è la violenza psicologica a manifestarsi, sottoforma di offese, denigrazioni, umiliazioni atti a ledere la dignità della donna e minare la sua autostima personale. La violenza fisica, intesa come aggressione corporea di una persona verso l’altro, può presentarsi successivamente ma non necessariamente, così come la violenza economica volta a creare o mantenere una dipendenza economica della donna o, ancora, la violenza sessuale. Con l’avvento delle tecnologie moderne, assistiamo anche a nuove forme di violenza, ancora più pericolose, ad esempio il cyberstalking, per cui una persona viene molestata “in rete”.
Non deve confondersi, tuttavia, la violenza di genere, dove il fine dell’autore violento è l’annientamento psicologico o fisico della sua vittima, con discussioni occasionali o litigi consensuali, entrambi i quali possono aver luogo in relazioni sane e pacifiche.
Cosa si può fare per contrastare tali forme di violenza?
Innanzitutto la donna deve avere il coraggio di “venire fuori” e chiedere aiuto, ad un familiare, ad una amica, ad un collega di lavoro o meglio ai servizi specialistici come i Centri Antiviolenza, i Consultori, le Forze dell’Ordine, Servizi Sociali. In questi contesti le donne vengono accolte e sostenute nel loro percorso di fuoriuscita dalla violenza, nel rispetto della riservatezza e privacy delle loro informazioni.
In qualità di assistente sociale del centro antiviolenza “Libera-Mente Donna” dell’Ambito N17, dopo quasi un anno e mezzo di attività svolto principalmente in equipe con altre professioniste, posso chiaramente affermare che il momento più delicato per una donna vittima di violenza è proprio quello di dichiarare la propria storia di violenza; esiste un senso di vergogna, di colpa, la paura, soprattutto di ripercussioni sui propri figli, pertanto la richiesta di aiuto può apparire confusa. In altri casi, le donne interrompono il percorso intrapreso per poi ripresentarsi dopo diverso tempo e chiedere nuovamente aiuto.
Gli operatori dell’antiviolenza, pertanto, sono chiamati ad avere un atteggiamento non giudicante, a rassicurare la donna e accompagnarla nelle sue decisioni personali, rispettando i suoi tempi e la sua volontà.
Il Centro Antiviolenza “Libera-Mente Donna”, la cui responsabile è la dott.ssa Rosaria Dell’Aversana, si rivolge all’utenza dei 5 Comuni dell’ambito n17 (sant’antimo, frattamaggiore, casandrino, grumo nevano, frattaminore), offre gratuitamente interventi di carattere psicologico, sociale, legale e mediazione culturale. Inoltre, attività di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere mediante la realizzazione di concorsi e laboratori nelle scuole, eventi sociali, convegni.
E’ fondamentale, infatti, diffondere informazioni e conoscenze sulla tematica in questione e intervenire a livello preventivo a partire dalla scuola, quale prima agenzia educativa extradomestica, luogo cui si svolge la socializzazione di genere, la formazione e crescita relazionale dei giovani, che sono chiamati a divenire “gli uomini e le donne” del domani.
Occorre infine, attuare strategie di intervento concertate tra i diversi servizi territoriali che si occupano di assistere le donne e i loro figli, solo con un efficace lavoro di rete si può auspicare ad un miglioramento e/o cambiamento di tali situazioni.
La violenza di genere va affrontata, dunque, a 360 gradi. Ad una donna vittima di violenza va riconosciuto il pieno diritto di raggiungere un vero traguardo di rinnovamento personale e sociale. Bisogna garantire, pertanto, strumenti adeguati che favoriscono la sua autodeterminazione, il suo reinserimento socio – lavorativo, affinché possa uscire definitivamente dalla sua condizione di dipendenza.
Valentina MAGRI