Nella nostra storia contemporanea i terremoti più devastanti per numero di vittime e distruzioni, fino agli accadimenti di Ischia, hanno riproposto il problema della fragilità edilizia di borghi e città. Situazione frutto di una cultura urbanistica più romantica ed estetica che non razionale; basata sull’esigenza filologica di una aprioristica conservazione del manufatto edilizio come testimonianza della cultura del Paese anche a scapito, oltrechè della sicurezza, di ogni logica di convenienza economica.
Tale visione non ha permesso quel graduale rinnovamento ed adeguamento degli immobili (riuso e sostituzione) alle nuove esigenze di vita; rinnovamento che avrebbe comportato anche il conseguimento di standard qualitativi maggiormente idonei a garantire condizioni adeguate di sicurezza.
Andiamo a vedere quante sostituzioni edilizie (demolizione e ricostruzione) sono state realizzate in città e borghi nell’arco di mezzo secolo; ma soprattutto quante se ne sarebbero potute realizzare.
Ben poche, con la normativa rigida di cui si era dotato il nostro Paese; e poche anche con le norme attualmente vigenti.
Siamo andati avanti per decenni con interventi edilizi tampone, causa anche di parte dell’abusivismo. Manca addirittura una normativa unitaria in tema di principi fondamentali: conseguenza della incapacità della politica di conciliare la cultura con l’economia.
Servono una legge nazionale sul regime dei suoli, che disciplini il diritto di costruire codificandone i principi, ed una legge sul consumo del suolo, che tenga conto della peculiarità della situazione italiana. Leggi che fissino le norme per disciplinare gli interessi legittimi ed i diritti soggettivi in relazione alla pianificazione territoriale (Jus aedificandi ) e istituiscano il principio di perequazione obbligatoria nelle aree di espansione; con la facoltà di traslazione dei diritti edificatori o volumetrici all’interno di ambiti territoriali omogenei. Leggi che, in sintesi, favoriscano i processi di rigenerazione urbana. Affinche’ le citta’, nelle quali si concentrano i fattori dello sviluppo e del progresso del Paese, possano svolgere la loro fondamentale funzione come motori di crescita.
E bisogna superare il livello comunale ( che e’ storico-convenzionale ) come parametro-scala per la pianificazione urbanistica: a cominciare dalle “aree metropolitane”.
Nella nostra storia contemporanea i terremoti più devastanti per numero di vittime e distruzioni, fino agli accadimenti di Ischia, hanno riproposto il problema della fragilità edilizia di borghi e città. Situazione frutto di una cultura urbanistica più romantica ed estetica che non razionale; basata sull’esigenza filologica di una aprioristica conservazione del manufatto edilizio come testimonianza della cultura del Paese anche a scapito, oltrechè della sicurezza, di ogni logica di convenienza economica.
Tale visione non ha permesso quel graduale rinnovamento ed adeguamento degli immobili (riuso e sostituzione) alle nuove esigenze di vita; rinnovamento che avrebbe comportato anche il conseguimento di standard qualitativi maggiormente idonei a garantire condizioni adeguate di sicurezza.
Andiamo a vedere quante sostituzioni edilizie (demolizione e ricostruzione) sono state realizzate in città e borghi nell’arco di mezzo secolo; ma soprattutto quante se ne sarebbero potute realizzare.
Ben poche, con la normativa rigida di cui si era dotato il nostro Paese; e poche anche con le norme attualmente vigenti.
Siamo andati avanti per decenni con interventi edilizi tampone, causa anche di parte dell’abusivismo. Manca addirittura una normativa unitaria in tema di principi fondamentali: conseguenza della incapacità della politica di conciliare la cultura con l’economia.
Servono una legge nazionale sul regime dei suoli, che disciplini il diritto di costruire codificandone i principi, ed una legge sul consumo del suolo, che tenga conto della peculiarità della situazione italiana. Leggi che fissino le norme per disciplinare gli interessi legittimi ed i diritti soggettivi in relazione alla pianificazione territoriale (Jus aedificandi ) e istituiscano il principio di perequazione obbligatoria nelle aree di espansione; con la facoltà di traslazione dei diritti edificatori o volumetrici all’interno di ambiti territoriali omogenei. Leggi che, in sintesi, favoriscano i processi di rigenerazione urbana. Affinche’ le citta’, nelle quali si concentrano i fattori dello sviluppo e del progresso del Paese, possano svolgere la loro fondamentale funzione come motori di crescita.
E bisogna superare il livello comunale ( che e’ storico-convenzionale ) come parametro-scala per la pianificazione urbanistica: a cominciare dalle “aree metropolitane”.
Achille Colombo Clerici